I veltroniani all’offensiva sul referendum bipartitista
Roma. Franco Marini sembra convinto che una soluzione si troverà. E certo non pensa a quella immaginata dai promotori del referendum sulla legge elettorale, che ieri sono tornati all’attacco con un appello firmato da 55 parlamentari del Pd. “Sulla legge elettorale delle europee – ricorda Marini nel corso di un’intervista a YouDem Tv – quando facemmo una riunione per trovare una posizione comune nel partito, tutti mostravano scetticismo, convinti che tanto il centrodestra non avrebbe accettato nessuna proposta. E invece…”. E invece la mediazione, condotta da Dario Franceschini, andò in porto. Così l’ex presidente del Senato sembra immaginare una strada simile anche per risolvere il problema del referendum. Del resto, l’offensiva dei promotori, nel partito, era stata preannunciata da tempo, con l’incontro promosso dai veltroniani il 26 febbraio, a Roma, all’hotel Bologna. Nella sua relazione, tutta incentrata sulla necessità di rilanciare la “vocazione maggioritaria” e lo “spirito del Lingotto”, Giorgio Tonini aveva invitato a raccogliere “l’appello del capogruppo del Pd alla Camera, Antonello Soro, che si è augurato che tanti dirigenti del Pd si schierino per il Sì al referendum Guzzetta-Segni sulla legge elettorale”. Quel referendum che costringerebbe ciascuna coalizione, per ottenere il premio di maggioranza, a presentare un’unica lista. Difficile dire se così si otterrebbe l’esito immaginato dai promotori – il bipartitismo – o se invece, come sostengono i critici, ne uscirebbe il massimo del multipartitismo, con liste-carrozzoni destinate a scomporsi in mille partiti già all’indomani del voto. Certo è che l’offensiva ieri è già passata alla fase due, con l’appello per chiedere al governo di tenere il voto per il referendum nello stesso giorno del voto per le europee (così da rendere più facile il raggiungimento del quorum) e al Partito democratico di schierarsi per il Sì. E per la prima volta da parecchio tempo, in nome del bipartitismo, veltroniani come Enrico Morando, Stefano Ceccanti e Giovanna Melandri (promotori dell’appello) si sono trovati al fianco gli ulivisti di Arturo Parisi.
“Su una materia così delicata mi sembra improvvido lanciarsi in appelli e iniziative di corrente, o di correnti, prima ancora che nel partito ci sia stato modo di discuterne”, commenta il senatore Nicola Latorre, spesso additato dai veltroniani come l’uomo nero della corrente dalemiana. “Avendo ascoltato per mesi lezioni in materia da tanti di loro – spiega – mi sorprende che proprio adesso, in piena campagna elettorale, prendano una simile posizione in conferenza stampa, senza nemmeno preoccuparsi di discuterne prima nel partito”. Una discussione che si terrà comunque nei prossimi giorni, probabilmente in una sorta di “caminetto”, o di segreteria allargata, o comunque si vorrà chiamare la riunione. Finora, salvo un generico parere favorevole alla proposta dell’election day, anticipato già sabato, Franceschini non si è scoperto. Ma le sue posizioni in materia referendaria – come quelle di tutta l’area popolare – sono note da tempo. Al partito il segretario potrebbe dunque proporre una linea simile a quella seguita sulla legge elettorale per le europee, come auspicato da Marini, e non solo. “Una volta fissato l’election day – dice per esempio Pierluigi Castagnetti – nulla impedisce di varare una piccola riforma che consenta di evitare il referendum, correggendo alcune storture, a cominciare dalla facoltà di candidarsi in più circoscrizioni, come chiede il secondo quesito del pacchetto Guzzetta-Segni”. (il Foglio, 4 marzo 2009)
Io non ho mai pensato che con qualche escamotage si possa risolvere, in questo come in altri campi, i problemi derivanti dalle persone, nella fattispecie dal ceto politico. Ad esempio, con il cd. maggioritario ci ritrovavamo spesso personaggi paracadutati da Roma senza alcun legame col territorio (uno per tutti, Di Pietro al Mugello). Altro che preferenze. Se però confermano l’idea di mandarci a votare in un giorno ad hoc, con relativi 400 milioni buttati, giuro che ci vado e voto sì, solo per dispetto