Al congresso del Pd si prepara qualcosa di nuovo, anzi, d’antico: Fassino
Roma. I suoi collaboratori definiscono l’ipotesi “prematura”, ma “non impensabile”. Dirigenti e parlamentari a lui vicini escludono abbia preso alcuna decisione, ma considerano “plausibile” l’ipotesi di una sua candidatura al congresso di ottobre, soprattutto nel caso in cui Dario Franceschini confermasse la scelta di farsi da parte dopo le elezioni. Tutti assicurano comunque che finora, al minimo accenno, Piero Fassino ha sempre replicato allo stesso modo: “Adesso bisogna sostenere Franceschini”. Confermando così due aspetti non secondari della questione: che di una sua candidatura alla guida del Partito democratico si è effettivamente discusso, e che l’ex segretario dei Ds, in quelle discussioni, si è ben guardato dall’escluderla. E non è il solo. “Fassino ha un vantaggio sugli altri ex ds”, ragiona Enzo Carra, deputato del Pd e democristiano di lungo corso. “Dentro quel mondo è sempre stato una figura di mediazione. E dopo la chiusura dei Ds si è tenuto equidistante, non si è dato arie da leader a ogni costo, è stato tra i più costruttivi”.
Certo è che adesso, come dice un fassiniano che di queste cose non vuole nemmeno sentir parlare, bisogna pensare a “portare a casa la pelle”. Ma se alle europee l’obiettivo fosse raggiunto, e magari anche superato di slancio, Franceschini potrebbe ritornare senza troppi imbarazzi sulla sua dichiarata intenzione di non ricandidarsi, di fronte a una richiesta che venisse da tutto (o quasi tutto) il partito. In questo caso, Fassino sarebbe il primo a chiedergli di restare. Meno di un mese fa, all’indomani delle dimissioni di Walter Veltroni, l’ex segretario dei Ds è stato uno dei grandi elettori di Franceschini, nonché il primo a dichiarare che non si trattava affatto di un “reggente”, ma di un segretario a tutti gli effetti. Assieme ai popolari, inoltre, Fassino è stato anche tra i più fermi sostenitori di Veltroni. Ma se Franceschini non fosse premiato dalle urne, a ottobre il candidato alla guida del Pd, almeno sulla carta, sarebbe uno solo. E cioè Pier Luigi Bersani, che ha già il sostegno di Massimo D’Alema. Chi dunque meglio di Fassino, a quel punto, potrebbe raccogliere il favore di popolari e veltroniani, riformando così la maggioranza che fino alle dimissioni di Veltroni aveva guidato il Pd? “La debolezza di Bersani – osserva in proposito Stefano Ceccanti – sta nel fatto che la sua candidatura ha assunto il significato oggettivo di un richiamo all’orgoglio ds, provocando quindi una spinta a ri-coalizzarsi in tutti gli altri”. Una ritrovata alleanza tra popolari, veltroniani e fassiniani che oggi, dopo i molti segnali di discontinuità lanciati dal nuovo segretario, potrebbe ricevere un’inattesa conferma dalla trattativa tra Pd e Pdl sulla presidenza della Rai. Fassino ha infatti suggerito a Franceschini il nome di Fabiano Fabiani, da sempre caro a Veltroni. Il secondo indizio, invece, potrebbe venire dal referendum elettorale. I veltroniani ci hanno puntato tutto. E finora, almeno sulla richiesta dell’election day, non si può dire che Franceschini li abbia delusi. (il Foglio, 17 marzo 2009)
Fassino non sarebbe male, se non fosse male per tutti i motivi che già sappiamo…