A cosa serve il Partito democratico (dimostrazione per assurdo)
Il dibattito che ha caratterizzato, preceduto e seguito l’ultimo congresso dei Ds meriterebbe di essere studiato a lungo. L’inconsistenza politica di tutte quelle chiacchiere su appartenenze, valori e identità trova oggi la migliore verifica, secondo me, nei risultati concreti ottenuti da coloro che attorno a quelle parole, da destra e da sinistra, hanno dato battaglia: la Costituente socialista da un lato e la Cosa rossa dall’altro. La prima ha più correnti che voti, divisa tra chi vorrebbe non interrompere il percorso della Rosa nel pugno (dimenticavo l’altra parola magica del congresso diessino: laicità), chi vorrebbe, nientemeno, riunificare i socialisti (al momento rappresentati da Boselli, Angius e De Michelis) e chi, come Lanfranco Turci, vorrebbe fare un po’ tutte e due le cose. Dall’altra parte, Fabio Mussi e compagni, usciti dai Ds per non uscire dal Partito del socialismo europeo, vanno con i comunisti europei di Bertinotti. E finché si tratta di chiacchiere su identità e ideali (a parte il dettaglio dell’appartenenza al Pse) tutto fila liscio, ma alla prima questione politica concreta – pensioni e welfare – si spaccano. Ora pare si siano mesi d’accordo per andare avanti lo stesso con la Cosa rossa (vedremo) e anche sulla manifestazione del 20 ottobre sembra che abbiano trovato un compromesso (non molto chiaro), ma direi che c’è comunque abbondante materia per molte tesi di laurea, e molta ancora penso ne verrà tra breve.
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