“Così non va”
Roma. Dovevano essere gli “stati generali” dell’economia. Ma a guardare le sedie vuote in platea, l’impressione è che manchino sia le truppe, sia i generali. Tra i presenti, per la Confindustria, il solo Maurizio Beretta. E neanche uno dei segretari di Cgil, Cisl e Uil. Assenze involontariamente sottolineate dalla presenza di Renata Polverini, leader dell’Ugl, e dalla mano pietosa che toglie dalle sedie vuote della prima fila i cartellini con i nomi dei tre sindacalisti. Solo nel momento in cui Walter Veltroni si appresta a concludere l’evento – con circa tre ore di anticipo sul programma – un trafelato Enrico Letta spinge in sala il segretario della Cisl Raffaele Bonanni e lo accompagna al suo posto.
“Così non va”. Nel pieno della crisi finanziaria mondiale, questo titolo, che campeggia sul manifesto della “Prima conferenza economica del Pd”, finisce per suonare involontariamente autoironico. Sul palco del cinema Capranica, a due passi dalla Camera dei deputati, ci sono Pierluigi Bersani, Enrico Letta, Matteo Colaninno e Walter Veltroni. Ad ascoltarli, quasi soltanto parlamentari del Pd. Nella relazione di apertura, Bersani attacca il governo, che “non sente il bisogno di coinvolgere i rappresentanti dell’opposizione in una valutazione comune della situazione”. Denuncia il “servo encomio, incredibile e imbarazzante, verso il governo e il ministro del Tesoro”, che nel 2003 volevano “introdurre pari pari il sistema dei mutui ipotecari americani a fini di rilancio dei consumi”. Ricorda “l’abnorme sviluppo che avemmo allora della finanza creativa”, le cartolarizzazioni “parossistiche” e il via libera agli enti locali nell’accesso a strumenti finanziari rischiosi. “Il canto nuovo di Tremonti e del centrodestra non ci impressiona”, afferma dunque Bersani, convinto che per l’Italia “propugnare protezionismi significa tagliare il ramo su cui siamo seduti”. Il che non significa, però, negare “l’esigenza di una regolazione molto più stringente”.
La riabilitazione di Visco
Il paradosso è che sia nell’analisi (la crisi finanziaria come fine di un modello, lo si chiami “liberista” o “mercatista”) sia nelle proposte (la necessità di una risposta europea) la linea che emerge dalle parole di Bersani prima e di Veltroni poi, a ben vedere, non è molto diversa da quella del governo. La polemica si concentra dunque sull’“arroganza” mostrata sin qui dall’esecutivo, sull’insufficienza delle risposte (l’assenza di misure anticicliche volte a sostenere la domanda interna, per esempio, anche per affrontare la “questione sociale” aperta nel paese) e sulla coerenza. Veltroni definisce il governo come un gruppo di persone che mirano solo a “prendere il potere”, torna ad accostare Silvio Berlusconi a Vladimir Putin (“Veltroni è un interlocutore non credibile”, replica in serata il premier) e lo accusa di non voler riconoscere come la situazione sia grave e “del tutto paragonabile al ’29” (che poi, a onor del vero, è la tesi di Tremonti). La crisi, prosegue Veltroni, segna “la grande sconfitta della destra e dell’idea infantile che il mercato potesse andare libero e selvaggio come un cavallo”. Una filosofia, anzi, una “ideologia della deregulation che ora tutti rinnegano… ma non si può passare da una posizione all’altra senza mai pagare dazio”. E ancora: “Basta con quelli che stanno dietro un pc e con un dito spostano milioni”. Ma se per Veltroni la crisi dimostra “che avevamo ragione noi”, il Pd era e resta contrario “a una linea di neonazionalizzazione dell’economia”. Dunque nessun ritorno allo “statalismo”. E’ un sentiero stretto, come si vede, in cui il Pd sembra attaccare Tremonti e Berlusconi da destra e da sinistra, come teorici della deregulation e come pratici dell’interventismo statale nell’economia. “Noi resistiamo sul baluardo del libero mercato, difendendolo dagli attacchi di Tremonti”, spiega Giorgio Tonini. “Ma la nostra idea è diversa da quella di tanti profeti della deregulation”. Chi siano però questi falsi profeti contro i quali si scaglia ora il Pd, non è facile capire. Tonini si riferisce proprio a Tremonti e Berlusconi, i quali negli anni Novanta inneggiavano al liberismo, battendosi contro l’invadenza dello stato e contro “l’eurocrazia” che ora invocano come salvatori. Si tratta però di parecchio tempo fa: da allora, e specialmente nell’ultima campagna elettorale, non si può dire che il Pdl si sia schierato su una linea “mercatista”. Semmai, una simile critica è stata rivolta al Pd. “Se oggi si dice che lo stato deve intervenire, si dice una cosa giusta – risponde Enrico Morando, estensore del programma elettorale del Pd e coordinatore del governo ombra – purché lo stato lo faccia consapevole dei rischi insiti non solo nei fallimenti del mercato, ma anche nei fallimenti della politica. Mi sembra quindi che restiamo sulla linea della terza via di Tony Blair, naturalmente facendo i conti con il contesto, che è diverso da quello di dieci o anche solo di tre anni fa. Il nostro indirizzo ideologico-culturale non è mutato”. A molti fa comunque un certo effetto, però, sentire Veltroni dire dal palco: “Sono d’accordo con Vincenzo Visco, dopo questa crisi, nulla sarà più come prima”. Prima, infatti, Veltroni si sarebbe ben guardato dal nominarlo, Visco – chiosano dalla platea, ricordando che l’ex viceministro non è stato neanche ricandidato.
La riabilitazione di Visco si deve probabilmente al suo rapporto con Bersani. Ed è un altro piccolo segno dell’avvicinamento di Veltroni al dirigente che più di ogni altro, finora, si è caratterizzato come suo potenziale rivale. Ma s’inserisce anche in una “svolta a sinistra” che appare legata alla prossima conferenza programmatica almeno quanto all’imminente manifestazione del 25 ottobre. (il Foglio, 7 ottobre 2008)
“propugnare protezionismi significa tagliare il ramo su cui siamo seduti”. MA ANCHE “l’esigenza di una regolazione molto più stringente”.
Una bella lenzuolata bersaniana all’Alesina/Giavazzi, ma anche un pizzico di neotremontismo regolatorio. Che poi il Tremonti vecchio fosse così iperliberista, almeno per me, risulta un’assoluta novità. Le cartolarizzazioni, infine, le hanno fatte tutti: mi pare anche la Giunta Regionale abruzzese, prima e durante Del Turco.
Forse basterebbe dire che quanto sta avvenendo è il frutto da un lato di un’incredibile (ed osannata da tutti, me compreso) incoscienza americana, Greenspan in testa, e della nostra avidità, dall’altro. In fin dei conti, quello che sta avvenendo oggi, default a parte l’abbiamo già visto nel recente passato: vi ricordate l’Argentina? Soldi concessi a prestito, ripianati con soldi presi all’estero dagli ingenui babbei (noi) convinti che alti tassi d’interesse fossero concessi a fronte di nessun rischio e dulcis in fundo buchi lasciati ogni dove. Et voila, la vita continua, la casa me la sono fatta, scurdammoce o passato
Una volta si sistemava tutto con una bella guerra: speriamo che stavolta me la cavo.
tutto giusto… luca da: http://stopdrug.wordpress.com/