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Tutti da Licio il sabato sera

02/11/2008

Roma. L’Unità dedica alla notizia il titolo di apertura, sopra la foto che copre quasi tutta la prima pagina: “Venerabile Tv – Gelli su Odeon rivaluta il fascismo e chiama con sé Dell’Utri e Andreotti. ‘Chi è il mio erede? Berlusconi'”. Più o meno lo stesso fa Liberazione. Ma la notizia del ritorno sulla scena di Licio Gelli, capo della famigerata loggia massonica P2, desta allarme e indignazione su tutta la stampa nazionale. Peccato che sia Marcello Dell’Utri sia Giulio Andreotti abbiano subito smentito la propria partecipazione (“Licio Gelli? E’ ancora vivo?”, è stata la prima reazione del senatore a vita). Dettagli che non hanno fermato il dibattito. “Una volta si faceva la gavetta, c’era una progressione di carriera per i meritevoli che crescevano in autorità e autorevolezza. Oggi non mi pare che sia più così”, ha commentato Pippo Baudo, evidentemente amareggiato dalla pericolosa degenerazione dei palinsesti delle televisioni locali. “Visto quanto se ne parla, l’operazione ‘Gelli in tv’ parte già in vantaggio. Ma attenzione all’autogol: in televisione talvolta un’aspettativa troppo alta può essere foriera di successiva delusione”, ha ammonito Paolo Bonolis, forse preoccupato per il potenziale danno d’immagine a tutta la rete, caratterizzata da programmi quali “Basta un poco di zucchero” e “Il campionato dei campioni”.
Al centro dell’attenzione sta però la definitiva ammissione di Licio Gelli sull’identità del suo erede: Silvio Berlusconi. “La scuola, dopo la giustizia e l’informazione, è un altro tassello del progetto del venerabile della P2 Licio Gelli, che Berlusconi sta realizzando”, rilancia subito Antonio Di Pietro. Non che in molti non l’avessero già insinuato sin dal 1994, a partire dalle analogie tra il programma di Forza Italia e il celebre Piano di rinascita democratica elaborato dalla P2, che tra molte altre cose (e non poche banalità) prevedeva – udite udite – presidenzialismo e separazione delle carriere. Per la stessa ragione, peraltro, anche Bettino Craxi fu accusato di essere il vero erede di Gelli. E anche Massimo D’Alema (per via della Bicamerale). E di recente pure Walter Veltroni (sempre per via del dialogo sulle riforme).
In realtà, per dirne una, nel piano della P2 si parlava pure di abolizione del valore legale del titolo di studio, ma a nessuno è mai venuto in mente di denunciare i molti sostenitori di una simile scelta come burattini di Gelli. Né risulta che Marco Travaglio – tra gli ultimi e più affezionati cantori del ritornello sui “veri esecutori” del piano piduista – abbia mai fatto serie indagini su chi, nell’Italia di oggi, voglia segretamente “aumentare la redditività del risparmio postale elevando il tasso al 7 per cento” (nel piano era previsto anche questo).
Fatto sta che da più di vent’anni sulla stampa è tutto un denunciare nuove e vecchie P2, occulti e palesi esecutori del diabolico disegno di Gelli. Il quale sarà stato pure il Grande Vecchio, l’oscuro burattinaio di tutti i misteri d’Italia, il grande capo della massoneria internazionale, ma se oggi è finito a illustrare le sue venerabili reliquie pseudostoriche al pubblico di Odeon tv, evidentemente, le cose sono due: o non se la passa tanto bene lui, o se la passano anche peggio la massoneria internazionale e tutti i servizi deviati del mondo. (il Foglio, 2 novembre 2008)

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  1. lucyintheskywd permalink
    02/11/2008 22:12

    Fermo restando il degrado di questo paese, che fà passare per un portato della democrazia il dare ampio margine di espressione a personaggi che fino a poco tempo fa scontavano la reclusione per reati gravissimi, vorrei fare una riflessione: cori di sdegno si sono levati da certi ambienti del mondo politico, e, come di prassi nel nostro Paese, è iniziata la stagione delle strumentalizzazioni. Come quelle di chi ha voluto vedere nelle parole dell’ex venerabile un diretto ed esplicito incoraggiamento all’attuale Premier a proseguire nell’attuazione del progetto di “riforma” un tempo teorizzato. Certo, se qualcuno aveva immaginato che, uscendo dal carcere, Gelli avrebbe intonato l’inno dell’”internazionale socialista”, non c’è da stupirsi che sia rimasto deluso. Ma, per la verità, non riesco a spiegarmi come mai parte della sinistra gridi allo scandalo per l’imminente debutto televisivo, quando, (come brillantemente fatto notare qui) in molti casi, tali voci di disapprovazione provengono proprio da coloro che, anni or sono, facevano la fila davanti alla sua porta e a quella di Henry Kissinger per essere ricevuti. A meno di non ritenere che, dietro ad un apparente sdegno, si celi, in realtà, la preoccupazione che, grazie al “megafono” televisivo, Gelli possa “pestare i piedi” a qualcuno, riesumando gli innumerevoli “scheletri“ che ancora oggi affollano l’armadio della prima Repubblica.

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