Tra Cav. e Fini s’avanza uno strano prodiano (o quasi), Tremonti
Roma. “Siamo in terra incognita”, ripete spesso Giulio Tremonti quando parla della crisi finanziaria. Ma c’è da scommettere che il giudizio non valga solo per l’economia internazionale. Terra incognita è ancora, in larga misura, il quadro politico interno: assetti e natura del Popolo della libertà come del Partito democratico (che l’ultimo sondaggio di Renato Mannheimer dà addirittura al 23 per cento); il rapporto tra Pdl e Lega (di cui Tremonti non è certo l’ultimo anello); ma soprattutto la partita per il titolo di delfino del Cav. aperta da An, che lo reclama pubblicamente per Gianfranco Fini. In terra incognita si muove dunque Tremonti, dando l’impressione che per lui questa sia quasi la condizione ideale.
Certo è che la sensazione di spaesamento, a guardarsi intorno, non potrebbe essere più forte. Da un lato il ministro dell’Economia, l’uomo forte dell’“asse del Nord”, che in un’intervista uscita domenica sul Corriere della Sera dice che il Nord e il Centro “sono fra le aree più ricche d’Europa”, mentre “il dramma dell’Italia è nel Sud”. Afferma che “questa è una grande responsabilità della politica”, perché “non c’è futuro per l’Italia se non c’è futuro per il Sud”, e la definisce addirittura “la missione che sento più profondamente”. Dall’altro lato, il Partito democratico, che in Veneto fa stampare un manifesto contro “Lega ladrona” e contro il governo che “regala a Roma i soldi del Nord” (vedi foto a lato), perché “Bossi e Berlusconi hanno escluso solo il comune di Roma dal patto di stabilità”. Facile prevedere una nuova replica dello scontro sul “buco” che secondo il centrodestra Gianni Alemanno avrebbe ereditato dalla giunta Veltroni. Ma sull’equilibrio dei conti sono molte le contraddizioni emerse nei due schieramenti. E se ancora domenica, da Fabio Fazio, lo stesso Tremonti citava un articolo di Romano Prodi sulla crisi economica – per dargli pienamente ragione, sia pure dopo un pudico “spiace dirlo” – ancora più sorprendente era ascoltare ieri il sottosegretario Paolo Bonaiuti, protagonista di polemiche durissime con l’ex premier, concordare in pieno con il “giusto riconoscimento” tributatogli dal ministro.
Tutt’altro che refrattario allo scontro con Confindustria, che chiede maggiori stimoli ai consumi, o con la Banca d’Italia, le cui nere previsioni Tremonti collega alle richieste degli industriali (vedi articolo a fianco), il ministro si è fatto in questi mesi guardiano dei conti e della stabilità, ottenendo copertura da eminenti figure del centrosinistra quali Carlo Azeglio Ciampi e Romano Prodi. A Prodi ha risposto da “Chetempochefa”. A Ciampi dal Corriere, citandone la dichiarazione certo più apprezzata (“Per fortuna si è resistito alle sirene che spingevano per bruciare le esigue risorse disponibili in un generico aiuto ai consumi”). Gli attacchi del Pd, che chiede anch’esso di stimolare i consumi, non devono dunque impensierirlo più di quanto i manifesti dei democratici veneti impensieriranno la Lega. E anche le sue dichiarazioni “meridionalistiche” vanno commisurate al silenzio mantenuto davanti alla richiesta leghista di sforare il patto di stabilità interno. In quel caso il guardiano dei conti non ha proferito verbo. Tanto questo silenzio come le parole sul Sud – e su Prodi – fanno parte di quell’esplorazione in “terra incognita” che Tremonti sembra essersi assegnato. Deciso a utilizzare tutte le risorse diplomatiche del caso per conservare l’attuale collocazione di frontiera tra gli schieramenti, ma anche a metterle da parte, per difendere la posizione da possibili rivali. (il Foglio, 20 gennaio 2009)