Franceschini resuscita il partito delle tessere e si affida agli ex diessini
Roma. Esperienza, concretezza, solidità. Scorrendo i primi commenti alla segreteria varata martedì da Dario Franceschini, l’impressione è che gli aggettivi dicano anche più dei nomi. “Una segreteria con i piedi per terra”, ha scritto Europa. “Gente concreta”, per il ministro Roberto Calderoli, che con molti di quei dirigenti tratta da tempo sul federalismo, dal presidente dell’Emilia Romagna, Vasco Errani, al sindaco di Torino, Sergio Chiamparino.
Dopo la cancellazione del governo ombra e del coordinamento, la nuova concezione del partito è emersa ieri dalla decisione di tenere ogni settimana la riunione dei segretari regionali, che in serata ha eletto il toscano Andrea Manciulli presidente dei “rappresentanti del territorio”. L’assemblea, spiega Franceschini, affiancherà la segreteria (dove Manciulli è stato già cooptato) nella direzione del partito. Confermando così un’ispirazione realista e pragmatica che difficilmente sarà smentita dalle prossime nomine sui capi dei più tradizionali e prosaici “dipartimenti” che del governo ombra hanno già preso il posto.
Pier Luigi Bersani, che in questi giorni ha confermato più volte la sua intenzione di candidarsi alla guida del Pd al congresso di ottobre, in segreteria può contare su almeno due dirigenti a lui certamente molto vicini, come Vasco Errani (legato anche a Massimo D’Alema) e soprattutto Maurizio Migliavacca, che del nuovo partito solido rappresenta forse la più pura incarnazione. E’ stato lui, peraltro, a gestire l’assemblea nazionale che senza fare una piega, e tra molte sorprese, ha eletto Franceschini segretario. E adesso prende il posto di Beppe Fioroni (diretto verso il dipartimento Enti locali) alla guida dell’organizzazione, postazione sempre decisiva, e tanto più in fase precongressuale. Vicino a Piero Fassino è invece Sergio Chiamparino, ma anche la parlamentare Federica Mogherini (che giusto in questi giorni, al Corriere della Sera, ha spiegato di non essere veltroniana) e il segretario lombardo Maurizio Martina, che da Veltroni sono stati però entrambi ampiamente valorizzati. Gli altri sono riconducibili a Franceschini. Dal presidente della provincia di Rieti Fabio Melilli alla segretaria del Pd senese Elisa Meloni, al consigliere regionale siciliano Giuseppe Lupo. Nove in tutto, compreso il segretario (senza contare Manciulli). Salvo rare eccezioni, i dipartimenti saranno occupati dai corrispondenti (ex) ministri ombra, ma resteranno solo i principali, già adesso occupati da parlamentari di provata esperienza, a cominciare da Bersani, che manterrà la guida del settore economico.
Anche questa è una netta inversione di rotta rispetto alla proliferazione di cariche che aveva caratterizzato il Pd veltroniano, dove ai ventisei ministri ombra, con tanto di consiglieri e consulenti (o “sottosegretari ombra”, come li chiamava qualcuno), si sommavano i “coordinatori” delle diverse “aree” e addirittura un “responsabile modello Strategy Unit” (il prodiano Giulio Santagata), che nessuno ha mai capito cosa significasse. Un’inversione di rotta all’insegna di quell’impostazione realista, pragmatica e un po’ più tradizionale che fin qui, nel Pd, sembra assai apprezzata, almeno a sentire le prime reazioni alla nuova segreteria. Il partito “leggero” evocato ieri deve oggi diventare “robusto”. Il partito “liquido”, oggetto di tante polemiche, ha ora per tutti un urgente bisogno di “consolidarsi”. Al partito “nuovo”, “giovane” e “aperto” creato da Veltroni, insomma, servono adesso “esperienza”, “concretezza” e “conoscenza dei problemi”. Bene dunque i giovani, meglio però se cresciuti nel partito; meglio ancora se cresciuti nella politica e nel governo locale, a stretto contatto con quell’entità a dire il vero un po’ metafisica che tutti chiamano “il territorio”. Bene dunque l’apertura, ma è innanzi tutto “al territorio” che deve aprirsi, questo nuovo partito, nella sua affannosa ricerca di basi più solide, mani più esperte e guide più navigate da cui ripartire per la sua traversata, difficilissima, con la doppia tornata elettorale ormai imminente, dalle amministrative alle europee. (il Foglio, 26 febbraio 2009)
D’accordo. Lo sapevo che ne avresti scritto..