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Buoni pasto a New York e a Londra/2

06/04/2009

SEMBRA trascorso un secolo. Ma solo tre anni fa i giornali anglosassoni dipingevano l’Italia come la grande malata d’Europa. Ciò perché il nostro Pil cresceva poco mentre quelli di Gran Bretagna, Stati Uniti e Irlanda “volavano”. In particolare, venivamo indicati come tartarughe per produttività e competitività. Con un sistema manifatturiero ormai obsoleto […] e con una presenza inconsistente nei servizi avanzati e nella finanza innovativa. […] La super-crescita di Stati Uniti, Gran Bretagna ed Irlanda degli ultimi anni, unitamente a quella di altri Paesi avanzati (ad esempio la Spagna) e di alcune economie emergenti (in primis la Cina), è stata una delle principali cause della crisi […]. E le malate d’Europa ora sono diventate le ex nazioni “modello” che, secondo molti, l’Italia avrebbe dovuto seguire, cioè: Gran Bretagna, Spagna e Irlanda […]. Mentre negli Usa dall’inizio della recessione i disoccupati sono aumentati di oltre 5 milioni ed un americano su 10 oggi ricorre ai buoni pasto dello Stato. […] Adesso gli anglosassoni scoprono che non solo nell’economia “reale” ma anche nella finanza (pubblica e privata) l’Italia è molto meno debole di quanto immaginassero. […] Altro che stampelle (quelle, casomai, oggi le ha la Royal Bank of Scotland). Altro che “solo calcio e spaghetti” (i quali, peraltro, oggi farebbero comodo a molti americani costretti a sopravvivere con i buoni pasto).

Marco Fortis, il Messaggero

8 commenti leave one →
  1. Kerub permalink
    06/04/2009 14:04

    mi vengono i brividi a leggere ‘ste cose.

    quando avremo la stessa struttura industriale e di spesa pubblica di Francia e Germania (i nostri veri termini di paragone) potremo permetterci di sbertucciare gli anglosassoni.

    fino ad allora faremo bene a pregare per il collocamento del notro debito pubblico a medio e lungo termine.

  2. francesco cundari permalink
    06/04/2009 14:18

    ti darà i brividi, ma se per te il problema è che non abbiamo la stessa struttura industriale e di spesa pubblica di Francia e Germania, mi pare che tu sia perfettamente d’accordo con l’autore dell’articolo – il quale, più che con gli anglosassoni, in realtà se la prende con chi in Italia ci invitava a seguire il loro modello (“finanza innovativa”, derugulation, poche tasse e poca spesa) invece di perdere tempo, per l’appunto, con “l’obsoleto sistema manifatturiero” (ecc. ecc.)

  3. Kerub permalink
    06/04/2009 15:15

    va bene. allora. siamo d’accordo.
    per fortuna in Italia le tasse e la spesa pubblica sono già alte abbastanza.
    Due cose in meno di cui preoccuparci nella nostra marcia di avvicinamento alla Germania.

  4. 06/04/2009 15:53

    Questo non toglie che il sistema produttivo italiano è e rimane obsoleto.
    In Italia la specializzazione produttiva è in settori a basso valore aggiunto esposti alla concorrenza di paesi con salari inarrivabili.
    Questo perché, tra le tante, in Italia la spesa in ricerca e sviluppo è a livelli bassissimi e la dimensione media d’impresa è di pochi dipendenti.
    Per non parlare degli effetti, in una società senza meritocrazia divisa in corporativismi vari, di aver un welfare tutto in pensioni e sanità e un debito pubblico maggiore del Pil.
    Il paradosso è che oggi questa nostra debolezza è stata la nostra salvezza. Il nostro settore bancario, esclusa non a caso Unicredit, non è internazionalizzato e campa grazie ai risparmi degli Italiani e ai prestiti alle piccole imprese.
    Ma non andrei fiero di avere una società immobile e in declino da almeno 15 anni.
    Se poi vogliamo accusare il paradigma economico portato avanti dagli Usa, da Reagan in poi, facciamolo, ma vi prego non prendiamo l’esempio sbagliato…

  5. 06/04/2009 18:55

    Ecco appunto, la penso come Fabrizio. Mi sembra un po’ come dire che, avendo perso le gambe in un incidente (durato una trentina d’anni), abbiamo risparmiato un sacco di soldi in scarpe…

    ps: e per di più sono imbufalito perchè lo stramaledetto server (hosting gratuito) del mio blog è irraggiungibile

  6. cigare volant permalink
    07/04/2009 12:50

    beh, non è proprio così. le gambe una volta perse sono perse. l’industria italiana, se uscirà viva dalla crisi finanziaria, dovrà fare tesoro della lezione che le ha salvato le chiappe mentre gli altri saltavano, e (ammesso che ci riesca) cominciare a correre forte per recuperare il terreno mentre gli altri si leccano le ferite. diciamo anzi che sin da oggi l’industra italiana deve essere capace di vedere se stessa non nel dopo-crisi, ma OLTRE il dopo crisi. e in concreto (cosa dannatamente difficile con questi tassi di prelievo fiscale da rapina assoluta e con i tempi attuali di pagamento da parte delle pubbliche amministrazioni, quantificabili in qualche caso in settennati presidenziali, senza esagerazione) capire come fare per riuscire a finanziarsi in modo da arrivarci, oltre al dopo crisi. è anche ipotizzabile ed assai auspicabile la nascita di nuovi istituti di credito a breve-medio termine, cooperative di credito tra imprenditori e famiglie, che non si portino dietro il piombo nelle ali di mega acquisizioni passate o di operazioni farlocche. però bisognerà che poi questi nuovi futuribili istituti eroghino il credito non al cugino del cognato ma a chi può restituire. ecco, se io fossi al governo, o anche all’opposizione, invece di parlare della regina elisabetta o fare l’elogio dei prefetti proverei a scassarmi la testa per pensare come agevolare fiscalmente la nascita di nuove banche sufficientemente liquide da erogare credito in maniera sensata.

  7. 07/04/2009 15:36

    Ok, parliamo dell’industria italiana, o meglio di quella che è rimasta visto che, ultimamente, sono successe un paio di cose. Un po’ di delocalizzazione, per quelli che hanno continuato a produrre altrove e un certo “disinvestimento” per quelli che hanno preferito essere liquidi (invece che produttivi) e tentare, con grande scorno di Tremonti, di “far soldi coi soldi” invece che col lavoro.
    Era di questo che parlavo nominando le gambe amputate.

    Sui nuovi istituti di credito torniamo a Tremonti, quello per il sud è un suo vecchio cavallo di battaglia. Io nel merito temo un mostro, un incrocio tra la cassa del mezzogiorno e il banco di napoli/sicilia…..e mi provoca incubi e gastriti.
    E le casse locali in effetti ci sono già, anche se ingurgitate dai grandi istituti. Se ne facessimo di nuove chi dovrebbe starci dentro? Gli imprenditori sono già nelle altre, i banchieri attuali non sanno come licenziare i dipendenti….boh? Come mi succede spesso non ho risposte, ma solo dubbi.

  8. Kerub permalink
    07/04/2009 16:15

    infatti le banche, il meridione, le ha già avute.
    è che sono fallite.

    chissà se per colpa della cattiva finzanza o della cattiva politica.

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