La questione dei giovani
Una generazione può essere giudicata dallo stesso giudizio che essa dà della generazione precedente, un periodo storico dal suo stesso modo di considerare il periodo da cui è stato preceduto. Una generazione che deprime la generazione precedente, che non riesce a vederne le grandezze e il significato necessario, non può che essere meschina e senza fiducia in se stessa, anche se assume pose gladiatorie e smania per la grandezza. E’ il solito rapporto tra il grande uomo e il cameriere. Fare il deserto per emergere e distinguersi. Una generazione vitale e forte, che si propone di lavorare e di affermarsi, tende invece a sopravvalutare la generazione precedente perché la propria energia le dà la sicurezza che andrà anche più oltre; semplicemente vegetare è già superamento di ciò che è dipinto come morto.
Si rimprovera al passato di non aver compiuto il compito del presente: come sarebbe più comodo se i genitori avessero già fatto il lavoro dei figli. Nella svalutazione del passato è implicita una giustificazione della nullità del presente: chissà cosa avremmo fatto noi se i nostri genitori avessero fatto questo e quest’altro…, ma essi non l’hanno fatto e quindi noi non abbiamo fatto nulla di più. Una soffitta su un pian terreno è meno soffitta di quella sul decimo o trentesimo piano? Una generazione che sa far solo soffitte si lamenta che i predecessori non abbiano già costruito palazzi di dieci o trenta piani. Dite di esser capaci di costruire cattedrali ma non siete capaci che di costruire soffitte.
Antonio Gramsci (Quaderno 8, § 17)
A proposito di tante discussioni su vecchio e nuovo, ricambio generazionale, presunti oligarchi incapaci di costruire partiti di dieci o trenta piani dove noi giovani si possa salire a dominare comodamente il mondo, eccetera, eccetera, eccetera.
Il problema di queste generazione non è di non avere trenta piani sotto i piedi, ma è che la generazione precedente, che in decenni ha costruito solo un sottoscala, ha trovato il modo di mettere sotto chiave calce e mattoni e ingoiato la chiave. O si spezza la serratura, o si va a costruire da un’altra parte.
mmm… a mio avviso il problema di questa generazione (non di 3 o 4 aspiranti dirigenti politici, io parlo di una generazione intera) è che non giudica il passato, non ha voglia di superarlo, a volte lo ammira quasi. E’ una generazione acritica, senza un grande futuro e senza nemmeno la velleità di provare a costruirlo. I genitori sono i nostri migliori amici, i baroni universitari si adulano e non si contestano, e poi ci lamentiamo che non si pensa ai giovani. Bah.
mille volte m’era venuta voglia di citare questa cosa di ag per chiudere definitivamente la discussione sui ggiovani. così come in altre cosìchiamate conversazioni sul giornalismo mi torna in mente, stesso quaderno, il § 143 sui titoli. e però mi sfugge la ragione per la quale hai omesso le ultime dieci parole in chiusa «differenza col manifesto che esalta la grandezza della classe moritura»
la ragione è questa: senso delle proporzioni.
@tutti: quale generazione? di cosa stiamo parlando? quando stiamo andando su questa tèra?
@francesco: che poi la borghesia mica è morta, ha continuato sulla via della globalizzazione nonostante due guerre mondiali ed un tot quot di rivoluzioni. Quindi c’è un problema negli scritti marxisti e non sono sicuro che ci abbiamo fatto veramente i conti.
mi pare che stiamo andando un filino fuori tema (altro motivo per cui non avevo incluso quel passaggio nella citazione). Comunque sia, il fatto che la borghesia non sia stata assorbita dal processo di proletarizzazione, che la caduta tendenziale del saggio di profitto e la crisi generale del capitalismo non abbiano portato al comunismo e alla società senza classi, che non sia sorta una nuova società, il sol dell’avvenire, il paradiso in terra e tutto il resto, onestamente, mi pareva assodato (e tra tutte le cose con cui non avremo ancora fatto i conti, metterci pure questo mi pare un po’ eccessivo)
France’, trascurando il resto su cui è inutile stare a ripeterci le stesse cose, posso proporti che tu o gli altri diffusori di questa tesi (tipico caso di staw man argument) trovino una pezza d’appoggio una che dimostri che qualcuno ha proposto che la vecchia classe dirigente si “faccia da parte per far posto a dei presunti giovani”? Trattandosi di cazzata, non lo sostiene nessuno, nemmeno quelli più fessi. E perché tu non equivochi, ti dico cosa sostengo io: che la vecchia classe dirigente debba farsi da parte per manifesta inadeguatezza e risultati insoddisfacenti e interesse per la crescita del partito e del paese. Non “andare a casa”, ci mancherebbe, ma dare una mano con la propria esperienza a chiunque altro sembri più in grado. E che quel chiunque altro debba prendere in mano il partito sulla base delle proprie capacità, e non per promozione benevolente da parte di nessuno (ma neanche con la resistenza capricciosa e autoconversativa di molti: in condizioni corrette e leali). Ecco qua. La formuletta “cedere la poltrona al primo ragazzino scalpitante” superiamola, perché è un imbroglio. Ciao, L.
Sì, sì, ok. Mi sono fatto prendere un po’ la mano. Ma tornando a bomba, visto che è intervenuto Wittgenstein, di quale generazione stiamo parlando? Quella di Luca? La mia? I ragazzini che hanno organizzato la protesta contro Milioni in XIX (municipio di Roma) l’anno scorso?
Perché se stiamo parlando di “questione generazionale” dovremmo precisarlo, perché conta.
Se invece stiamo parlando di qualità dell’azione politica, allora non conta perché la cosa coinvolge tutti da 0 a 99+.
Sono perfettamente d’accordo con Stefano del primo commento. é vero che la mia generazione (ho 28 anni) sa costruire a malapena soffitte. Spesso non dimostramiamo il minimo interesse per il mondo circostante e non abbiamo lo stimolo necessario per affrontare la fatica dell’impegno senza il ricorso a scorciatoie. Spesso siamo ignoranti e incansapevoli (quando non fieri) di esserlo e scarseggiano aspirazioni sociali culturali “elevate” che non passino attraverso attraverso le 3S: successo, soldi, seduzione.
Però è vero che ci sentiamo derubati. da un lato perchè, spesso, ci sono mancati gli insegnamenti (leggi: la generazione precedente è stata pigra nell’educarci). Se consideriamo meno prestigioso essere un medico o un ingegnere piuttosto che un calciatore o una velina è perchè ci è stato imposto così. Non siamo noi a propagandare un modello culturale povero, lo subiamo. Non siamo certo noi a propagandare l’idea che la politica o è sporca o non è.
Io e la mia fidanzata siamo entrambi laureti (ingegneria e psicologia) eppure in 2 non riusciremo in 30 anni a mettere insieme un sogno (la casa) che i miei genitori hanno realizzato essendo operai.
Quale motivazione ci offrite al miglioramento se l’automiglioramento non è più un’ascensore sociale?
Se negli ultimi 15 anni avete permesso che le persone più meschine diventassero un modello come potete ora rimproverare ai 18enni di rivolgersi a modelli sbagliati?
PS: rileggendomi mi rendo conto che posso apparire “arrabbiato”. In parte è forse così e me ne scuso ma non volevo sembrarlo: il tono è provocatiorio per cercare di esprimere perplessità reali