Monopartitismo
Silvio Berlusconi dice che “non ci sarebbe neanche bisogno di fare la campagna elettorale”. E infatti, finora, se ne è guardato bene. Walter Veltroni, invece, dice che “fare la campagna elettorale è un dovere”, con il tono con cui a noi hanno insegnato che bisogna lavarsi i denti prima di andare a dormire, fare i compiti prima di andare a giocare, finire l’insalata prima di passare al gelato. Sul dovere di fare la campagna elettorale non ricordiamo particolari prescrizioni della nonna, ma sapevamo già di non avere ricevuto un’educazione come si deve. Altrimenti non saremmo qui. Non ci saremmo mai stati, nemmeno per uno stage. Avremmo fatto le medie all’Arel e preso il diploma a Palazzo Chigi, laureandoci in Scienze della comunicazione con una tesi sulla nostra trasmissione televisiva. Avessimo avuto una famiglia come si deve e un cognome come si dovrebbe, insomma, saremmo già candidati nel Pd. Ma non c’è niente da fare, noi che non abbiamo passato nemmeno le eliminatorie del Grande Fratello, non ci prenderebbero nemmeno nel Pdl. Figurarsi adesso che ci hanno tolto pure la campagna elettorale. Perché ormai è chiaro a tutti che la campagna elettorale non esiste. Ecco la vera rivoluzione compiuta da Veltroni e Berlusconi, la grandezza di questa nuova stagione, merito di questo nuovo clima e un pochino pure di questo nuovo bipolarismo, in questo anno nuovo che è già vita nuova, gravida di nuove consapevolezze. Tutte le ultime campagne elettorali sono state avvelenate dall’odio: a sinistra, dal sentimento di una presunta superiorità antropologica che sfiorava il razzismo, dagli slogan urlati contro il partito di plastica, dal rude sarcasmo sugli imprenditori che pretendono di gestire il paese come un’azienda; a destra, dal sentimento della propria intangibile superiorità patrimoniale e fiscale, che in effetti non era solo presunta – ma questo non giustifica – e soprattutto dagli slogan urlati contro i comunisti, contro i vecchi apparati, contro i professionisti della politica. Cosa potrebbero dirsi, Pd e Pdl, adesso? Adesso che Veltroni ha fatto un partito in cui c’è pure il “circolo on line Barack Obama” che chiede la candidatura dell’indimenticato Ivan Scalfarotto, sostenuta da regolare appello di ben cinquanta ricercatori italiani a Harvard – mica a Reggio Emilia – e dopo che Walter ha candidato nelle liste del Pd mezza Confindustria. E adesso che Berlusconi parla già come Alcide De Gasperi, mentre Tremonti fa lo statista mitteleuropeo che sul Corriere auspica che il Pd “perda bene”, perché sennò è un gran guaio per il paese.
Le larghe intese si faranno, eccome
E’ chiaro che il nuovo bipolarismo non prevede campagne elettorali, perché non può prevederle, perché le larghe intese si faranno eccome. Per compiere l’ultimo passo decisivo dal bipartitismo imperfetto a un perfetto monopartitismo. Fermi restando, naturalmente, i rispettivi oneri, onori e responsabilità. Perché Aida Yespica ci pare proprio che lo abbia detto molto chiaramente: “Mi candiderei con Veltroni. Con Berlusconi andrei sull’isola deserta”. (il Foglio, 24 febbraio 2008)
http://www.repubblica.it/2008/02/sezioni/scienza_e_tecnologia/scacchi-leonardo/scacchi-leonardo/scacchi-leonardo.html
Anche la Yespica ha fatto – nel suo piccolo, misurato alla cintura (ovviamente) – il suo endorsement, ma sbaglierebbe chi pensasse a Veltroni …
concordo.
Altra piccola umile lettura qui.
http://pendenteadestra.blogspot.com/2008/02/la-paura-e-la-speranza-rendono-il-voto.html