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Ricominciamo dal ’94

22/11/2008

Roma. Sono passati quattordici anni dalla prima volta in cui si parlò della sfida tra Massimo D’Alema e Walter Veltroni, come si fa in questi giorni su tutti i maggiori quotidiani e come dal 1994 a oggi si è fatto regolarmente almeno una volta l’anno. Sfortunatamente, almeno sin qui, quella fu anche la sola volta in cui se ne parlò a proposito, perché fu non solo la prima, ma pure l’unica occasione in cui il celebre duello ebbe effettivamente luogo. Dopo la vittoria di Silvio Berlusconi alle elezioni e le dimissioni di Achille Occhetto da segretario del Pds, vennero allora il confronto, le candidature contrapposte e il voto: quello delle primarie via fax riservate all’apparato, vinto da Veltroni, e quello del comitato centrale, consiglio nazionale o comunque si chiamasse in quel momento l’organismo che elesse segretario D’Alema. Da allora in poi, la storia degli antichi e irriducibili duellanti è perfettamente speculare a quella dei loro più famosi modelli letterari, ai quali sono stati tante volte paragonati. I personaggi di Conrad, infatti, si battono l’un contro l’altro infinite volte nel corso degli anni, fino a quando, al termine dell’ultimo duello, invecchiati e sfiniti, arriveranno non certo a una riconciliazione, ma a “qualcosa di assai più vincolante”. Da quattordici anni a questa parte, al contrario, la storia dell’eterna rivalità tra D’Alema e Veltroni è la storia di un duello continuamente annunciato e mai consumato, sostituito da un’interminabile serie di patti tra gentiluomini, sempre regolarmente violati. Nel ’96 D’Alema è a capo del partito, mentre Veltroni è al governo (con Romano Prodi). Nel ’98 è D’Alema a sostituire Prodi – e Veltroni – a Palazzo Chigi, consegnando in cambio all’antico rivale la segreteria del partito. I veltroniani dicono che sia stato proprio D’Alema a far cadere Prodi nel ’98; i dalemiani giurano che sia stato proprio Veltroni a far cadere D’Alema nel ’99. Ma allo scontro in campo aperto, nonostante tutto, non sono mai arrivati, nemmeno a parole. Nella convinzione, continuamente riaffermata da entrambi a dispetto di ogni evidenza, che “da vecchi compagni di tanta gloria”, proprio come i duellanti di Conrad, fosse loro preciso dovere “essere amici agli occhi del mondo”.
Non questa volta, però. Almeno a sentire i molti indiretti interessati: veltroniani, dalemiani, popolari, prodiani. Questa volta, assicurano tutti, il grande duello tra Massimo D’Alema e Walter Veltroni avrà finalmente luogo. Resta solo da capire dove. “Dalle elezioni in poi sostengo che sia utile, anzi necessaria, una fase di confronto interno sulla linea politica che si può fare solo in un congresso. Tutto quello che sta accadendo è una conferma di questa mia opinione. Ogni giorno di più”, dice Enrico Morando, coordinatore del governo ombra. “Perché proporre un congresso sapendo che è impossibile, quando potremmo convocare subito l’Assemblea costituente?”, replica Arturo Parisi. “D’Alema, e non solo lui, deve esprimersi chiaramente, politicamente, non con i sotterfugi”, dice Giorgio Tonini. Ma per il senatore veltroniano il terreno del duello non dev’essere né il congresso né la costituente, bensì “la conferenza programmatica di febbraio”, che va utilizzata per un “profondo chiarimento”. Pierluigi Bersani, invece, la mette così: “Veltroni è il segretario di tutti e non va bene che qualcuno pensi di difenderlo aggredendo altri”. Eppure, da quattordici anni a questa parte, è proprio così che D’Alema e Veltroni si difendono. E alla fine, come sempre, anche questa volta troveranno un accordo. Non vincolante. Come sempre. (il Foglio, 22 novembre 2008)

2 commenti leave one →
  1. 23/11/2008 11:59

    Hai visto l’ultimo Zoro, vero? “Aridaje co’ dalemiani. A Wartere, te e quell’artro […], ma essete omeni. Pjateve, sfonnateve, corcateve ‘na vorta pe’ttutte e ‘n se ne parli più. E vedemo che resta.”

  2. 23/11/2008 17:12

    Be’, sarebbe ora per questi due figuri, Veltroni e D’Alema, di togliersi dai piedi. Una volta per tutte. E si potrebbe forse costruire un partito davvero nuovo.

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