E che cosa è giusto o no
Negli ultimi tempi mi è capitato spesso di ripensare a una conversazione di qualche tempo fa, che lì per lì non mi era sembrata particolarmente significativa.
“Ricordati: la maggior parte della gente preferisce di gran lunga essere presa a pugni, piuttosto che per il culo. E quindi è bene che tu lo sappia: a fare così, poi, si vive male”.
“Forse però è vero anche il contrario: vivessi bene, sereno e in pace con il mondo, magari la smetterei di rompere le palle al prossimo”.
Non so chi dei due avesse ragione. Ciascuno aveva senza dubbio buoni argomenti. Ma più passa il tempo – e più leggo i giornali, e certi editorialisti in particolare – e più mi rendo conto di un altro aspetto della questione: niente fa incazzare il prossimo quanto il sentirsi dire che all’improvviso, dopo tanti anni di felice e rassicurante stabilità, il mondo ha cominciato a mettergli in disordine la cameretta dei luoghi comuni, cambiando i poster alle pareti, scarabocchiando sui quaderni degli esercizi e decapitando tutti i pupazzetti. Ma forse non è esatto neanche questo, perché il senso delle cose non sta nelle cose, il mondo non c’entra granché e alla fine è tutto un equilibrio sopra il senso del ridicolo e nient’altro. Perché in politica, come nella vita, alla fine si dicono sempre le stesse cose, quasi sempre senza capirle. E forse anche tutto questo, in un certo senso, lo avevo già detto.
e va a finire che ci’aveva ragione quello di “tolleranza e intransigenza”…
Ciascun prossimo ha i suoi motivi per incazzarsi. Magari ce ne fosse uno soltanto