Franceschini o il trionfo dell’ars democristiana
Secondo me, quello che è accaduto oggi all’assemblea nazionale del Pd dovrebbe essere studiato nelle scuole. Non so cosa scriveranno i giornali di domani (il mio domani non esce), ma se dovessi dirla in sintesi direi che oggi è stato il trionfo definitivo – e a tratti spettacolare – della più pura arte democristiana. Quella dei popolari, ovviamente. Una danza, una sequenza di appena tre passi, con giravolta finale, eseguita con tempismo, freddezza ed eleganza da torero consumato.
Prima hanno lanciato la candidatura di Walter Veltroni (a candidarlo apertamente fu all’inizio giusto Dario Franceschini, scongiurando in tal modo un ticket Bersani-Letta che lo avrebbe emarginato). E così ne sono diventati i principali sostenitori, ottenendone in cambio tutte le postazioni chiave nel partito (vicesegretario, responsabile organizzazione, capogruppo alla Camera, e giù per li rami) ma soprattutto un segretario e una linea che su tutte le materie a loro care, dalla collocazione europea fino alle questioni bioetiche, non avrebbero potuto essere più sbilanciati a loro favore (primo passo); quindi hanno convinto Veltroni – o gli hanno lasciato credere, fa lo stesso – che l’unico modo per evitare la sconfitta congressuale contro Pier Luigi Bersani e la cacciata con onta, dopo le ulteriori sconfitte elettorali che già si profilavano alle europee e alle amministrative, sarebbe stato la nomina di Franceschini al suo posto, come garante della continuità, spiegando a tutti gli altri che in questo modo lui si sarebbe accollato soltanto i prossimi disastrosi risultati elettorali, per poi cedere graziosamente il posto (secondo passo); infine, oggi, il vicesegretario indicato dallo stesso Veltroni come garante della continuità compie il terzo e ultimo passo della danza attorno al toro ex comunista, giravolta, e si presenta come il garante della discontinuità: azzera il coordinamento e il governo ombra, promette una gestione democratica e collegiale, spiega che il Partito democratico è il figlio dell’Ulivo (“Se c’è un errore che abbiamo fatto è stato quello di far credere il contrario”, o giù di lì, cito a memoria) e taglia finalmente quei nodi, dalla collocazione europea alle questioni bioetiche, che Veltroni non aveva potuto sciogliere proprio perché c’erano i popolari a tenerlo, chiudendo infine il suo discorso in un tripudio di richiami alla Resistenza, all’antifascismo e alla difesa della Costituzione. Un discorso molto di sinistra, che proprio per questo nessun segretario espressione dei Ds (dunque insieme alleato e ostaggio degli ex democristiani) mai e poi mai avrebbe potuto sognarsi di fare. Ultimo eccezionale gioco di prestigio, tutto questo gli riesce mentre l’intera stampa nazionale scrive delle manovre e dei complotti di Massimo D’Alema, che per tutta la partita, dal 2007 a oggi, praticamente non ha visto palla. Applausi.
Franceschini è eletto con il 91 per cento dei voti. Torna sul palco e per prima cosa ringrazia con perfidia Veltroni, che ora si vede, dice, come abbia avuto ragione (sottinteso: ad andarsene), dinanzi al “senso di responsabilità” mostrato dalla platea (gli sparuti contestatori, per i quali personalmente tifavo, si sono spenti da soli dinanzi alla marmorea compattezza dei delegati). E adesso, mentre dagli altoparlanti parte la Canzone popolare (colonna sonora dell’Ulivo ai tempi di Prodi, che Veltroni aveva messo al bando), Dario Franceschini si prepara finalmente a guidare il Partito democratico, ben oltre le elezioni. Perché è evidente, a questo punto, che se il risultato del voto sarà quello che fino a ieri si pronosticava per Veltroni, resterà ben poco da dividersi, tra gli altri aspiranti leader; ma se sarà appena un filino migliore, Franceschini non lo toglie più nemmeno lo spirito santo. E magari, chissà, non sarà neanche un male. Personalmente, ne dubito. Ma io è parecchio che sbaglio previsioni. Figuratevi che avevo puntato su Bersani.
Non saprei. Forse sopravvalutiamo la democristianitudine. Io adesso vado a letto e, comunque sì, hai ragione.
Non solo: hanno già messo un piede nell’UDC (o in Kadima …) e quando avranno finito di spappolare i post-DS salteranno tutti di là. Tecnica DC batte tecnica PCI 10-0. Se nel centrodx non ci fosse Berlusconi si sarebbero fumati anche quelli.
Ecco però volevo chiederti: tu l’hai capito il comportamento di Bersani? Viltà? Idiozia? Scommessa su una scissione a ottobre? Davvero, non mi capacito.
Secondo me è un eccesso di pessimismo. Certo che tutta la faccenda puzza un po di Papa di transizione che appena eletto balza in piedi dalla sedia a rotelle…
quindi per salvare la sinistra dobbiamo votare lega alle europee.
Democristiani ovunque :(
Sicuri? Ma proprio sicuri che questi siano democristiani? Per come la vedo io…..magari! Nella dc c’era una libertà inaudita, in quel partito è nato tutto e il contrario di tutto, perchè quelli facevano politica. Il confronto era pane quotidiano e le tanto disprezzate truppe mastellate altro non erano che una forzatura del dialogo interno, ma cazzo se c’era il dialogo. Ai congressi dc, magari felpatamente, il sangue scorreva a fiumi, mica quella roba che abbiamo visto con questi.
Questi sono solo dei tecnocrati, abili a scannarsi tra loro, a scannare chiunque e subito dopo ad accordarsi sui cavilli che gli servono per autoperpetuarsi. Ma le leggete le cose che stanno dicendo, anche ora che hanno vinto? Ma avete letto D’Alema e Bersani? Se non fossero agghiaccianti ci sarebbe da ridere.
tranquillizzo tutti gli ex comunisti del pd,quelli di sinistra ,i laici duri e puri,i fobici della democristianetà:Franceschini è uno dei vostri,un cattocomunista ,uno di quelli che ha la foto di De Gaspari sul comodino,ma quella di Togliatti sotto il cuscino.Uno che nel 1994,quando tutti i democristiani erano sicuri che la distruzione della DC fosse stata responsabilità del combinato toghe-comunisti,entra a far parte della squadra nemica con quella specie di movimento di traditori chiamato Cristiano Sociali,non può fregiarsi dell’alto titolo di democristiano.Si trova bene con i rifondaioli,vedrete,proverà a riaggregarli i Ferrero,i Diliberto,i Pecoraro,senza dimenticare il caro Di PIETRo,con buona pace del riformismo all’americana