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Franceschini semina in Rai per raccogliere nel congresso, Ds irrequieti

02/04/2009

Roma. Dalla sostituzione di Carlo Rognoni con Giorgio Van Straten alla nomina di Paolo Garimberti come presidente, le prime mosse di Dario Franceschini sulla Rai non hanno suscitato grande entusiasmo dentro il Partito democratico, almeno nella sua componente diessina.
Anche qui, probabilmente, il Pd paga un prezzo alla scelta compiuta all’indomani delle dimissioni di Walter Veltroni, con la nomina di un segretario a tempo. Una nomina, va detto, ratificata a furor di delegati dall’Assemblea nazionale, e in una settimana appena, ma con un congresso già fissato in ottobre, un candidato alternativo già in corsa (Pier Luigi Bersani) e due difficilissime tornate elettorali ormai alle porte (europee e amministrative). Per quanto Franceschini possa ripetere di non avere alcuna intenzione di ripresentarsi al congresso, pertanto, è inevitabile che ogni sua mossa nel Pd venga interpretata in vista di quell’appuntamento, alimentando sospetti e recriminazioni. A partire da quello che molti ex diessini considerano il suo peccato originale: la nomina del veltroniano Van Straten  al posto di Rognoni (indicato a suo tempo da Piero Fassino), giusto all’indomani delle dimissioni di Veltroni. Un nome che proprio Franceschini, in vacanza del segretario, dovette imporre a buona parte dei dirigenti del Pd presenti in commissione di Vigilanza, e non senza fatica. Anche perché la nomina si accompagnava alla contestuale riconferma dell’altro membro del cda indicato dal Pd (il popolare Nino Rizzo Nervo, già direttore di Europa e da sempre in ottimi rapporti con i rutelliani).
“L’ultimo atto di Veltroni è stato chiedere la mia testa”, commentò a caldo Rognoni. E in effetti si racconta che al capogruppo del Pd in Vigilanza, il fassiniano Fabrizio Morri, fu proprio Veltroni a telefonare, quella stessa mattina, all’indomani delle sue dimissioni da segretario e poche ore prima della riunione in cui Franceschini avrebbe definitivamente imposto la linea del ricambio selettivo. “E’ l’ultimo favore che ti chiedo”, avrebbe detto al capogruppo l’ormai ex segretario (curiosamente, la stessa formula che si dice abbia usato anche per convincere i suoi della necessità di sostenere la nomina di Franceschini a segretario, evitando un congresso anticipato).
“In Rai – spiegano a viale Mazzini – gli uomini del centrosinistra si dividono in tre categorie: Margherita, Ds e veltroniani”. La quota Margherita, in teoria, si potrebbe poi suddividere in popolari e rutelliani; nella pratica, però, quasi sempre uniti e compatti. La quota Ds, invece, si può suddividere in dalemiani, fassiniani, vari ed eventuali, ma non ha nulla a che vedere con i veltroniani. Secondo questo schema, pertanto, nel precedente cda i Ds avevano il presidente (Claudio Petruccioli) e un consigliere (Rognoni). Mentre adesso, con Garimberti al posto di Petruccioli e Van Straten al posto di Rognoni, non avrebbero nessuno.
La nomina di Garimberti, che Franceschini ha comunicato a Massimo D’Alema e Piero Fassino soltanto a cose fatte, rappresenta quindi il secondo strappo. Su una tela, peraltro, già abbondantemente logorata dall’asse tra il precedente segretario e il rutelliano Paolo Gentiloni, ministro ombra alle Comunicazioni con Veltroni, quindi confermato da Franceschini a capo dell’analogo dipartimento. Di qui le voci – difficile dire quanto fondate e quanto figlie del risentimento – secondo cui la scelta di un giornalista di Repubblica per la presidenza della Rai, da parte di Franceschini, sarebbe stato un atto di omaggio all’editore del gruppo Espresso-Repubblica, in vista dell’imminente campagna elettorale, ma soprattutto della successiva campagna congressuale.
In questo clima, è verosimile che Franceschini non voglia introdurre altri motivi di tensione, e punti alla riconferma di Paolo Ruffini (quota Margherita) a Raitre, e di Antonio Di Bella (quota Ds) al Tg. Anche perché la battaglia da dare riguarda le nomine della maggioranza, ed è contro Silvio Berlusconi. “Faccio fatica a commentare indiscrezioni – ha detto ieri il segretario del Pd – ma troverei orrido che le nomine della Rai fossero decise a casa del presidente del Consiglio”. Resta il fatto, però, che l’influenza del Pd in Rai, poca o tanta che sia, passa tutta dall’asse tra ex-Margherita e veltroniani. E al quadro si potrebbero anche aggiungere i direttori di Unità ed Europa. Se poi si aggiungesse anche Repubblica, forse non sarebbe comunque abbastanza per vincere le elezioni. Ma un congresso, chissà. (il Foglio, 2 aprile 2009)

2 commenti leave one →
  1. ilprimopasso permalink
    02/04/2009 11:45

    Che bel caos!

  2. Roberto permalink
    02/04/2009 20:59

    I tuoi commenti sono sempre illuminanti, perche’ intellettualmente onesti e di questi tempi, purtroppo, non e’ poco. Il PD si regge su questo compromesso: voi DS ci mettete i voti, noi della Margherita i candidati, perche’ solo noi cattolici – Prodi docet – siamo digeribili e possiamo vincere. Uniche eccezioni ammesse: gli “spuri” come Veltroni ma a patto che la sconfitta sia certa. Primarie consentite solo quando pilotate, perche’ se ci contiamo sul serio siamo – noi margheritini – di meno (cfr. casino emiliano, che ti invito davvero a studiare, perche’ ti interessera’). Secondo te quanto puo’ durare un partito cosi’?

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