L’esercito del surf
Sul Messaggero di ieri si potevano leggere gli editoriali di Carlo Azeglio Ciampi e di Romano Prodi, due tra i maggiori esponenti del “vecchio centrosinistra”. Lo stesso giorno, sulla prima pagina del Corriere della sera, campeggiava l’articolo di Francesco Giavazzi (che personalmente considero il vero, inconsapevole ideologo della “nuova stagione” veltroniana). Giavazzi cominciava così: “Diversamente dagli europei, i quali pensano che le priorità siano nuove regole e trasformazioni radicali nel modo in cui operano i mercati finanziari, le autorità americane stanno lavorando per riportare i mercati alla normalità”. Partendo da questa premessa, il resto del pezzo era tutto dedicato a sostenere le posizioni di Stati Uniti e Gran Bretagna al G20, contro il famigerato asse franco-tedesco (e contro Giulio Tremonti). L’articolo di Ciampi sul Messaggero, invece, cominciava così: “Meglio tardi che mai. E’ importante che l’Europa riconosca la priorità della lotta alla diseguaglianza sociale e si svegli, mostri segni di consapevolezza”. L’articolo di Prodi, infine, era dedicato al modo in cui l’Italia dovrebbe affrontare la crisi, puntando sull’industria – e su una sana politica industriale – a partire da un’analisi molto diversa da quella invalsa negli ultimi decenni (“è ancora l’industria che salva la nostra bilancia commerciale, ponendo riparo anche al drammatico deficit energetico”).
Non sono mai stato né un ciampiano né un prodiano. Mi pare però che gli attuali dirigenti del Pd, dinanzi alla crisi, non riescano a fornire risposte paragonabili alle loro, né per chiarezza né per autonomia di pensiero (e se vi state domandando quali risposte, siete vicini al punto). Dinanzi alla crisi, e cioè al cambiamento, la mia impressione è che al confronto di Prodi e Ciampi tanti “giovani leader” appaiano oggi assai più vecchi, imbambolati e intontiti, o forse semplicemente rintronati dalle formulette che s’insegnavano ai loro tempi, lontani anni luce da questi, sulla politica e sull’economia, sul ruolo dello stato e sul ruolo del mercato, sull’America e sull’Europa.
Certo, tornare ai settanta-ottantenni non si può. Quanto ai nuovi leader e alle giovani promesse di cui si parla sui giornali, a parte l’altissimo tasso di mortalità che li contraddistingue, mi sembrano i più spiazzati, ma soprattutto i più vecchi di tutti. Io, per non essere antiquato, punterei sui ventenni.
io, che sono sempre stato prodiano e ciampiano, vorrei tanto qualche altro saggio di De Cecco.
Mah…è tutto molto ragionevole, il punto è che io non credo a nulla di quel che dicono. Per farti capire il mio punto di vista mi basta dire che, recentemente, mi sono persino trovato d’accordo con Violante sulla giustizia italiana. E allora mi viene in aiuto, con Violante ma anche con Ciampi e Prodi, il vecchio De Andrè e la sua Bocca di rosa:
si sa che la gente da buoni consigli….
li ho visti all’opera ed è questo che penso di loro. Se fossero ancora in auge darebbero solo cattivo esempio.
Ma Prodi un nipote di 20 anni non ce l’ha?
Io che non sono mai stato ne’ Ciampiano ne’ Prodiano noto che al G20, in cambio di qualche vago impegno contro i paradisi fiscali, giusto per far salvare la faccia ai soliti, si e’ deciso di cacciare qualche fantastiliardo. E le borse, mosse dai soldi dei paradisi fiscali, sono volate … mah, chissa’ chi ha vinto … e fra qualche anno la moneta unica globale, per tranquillizzare i cinesi, gli unici che contino insieme agli americani … Ed il Berluska, vecchio volpone, e’ rimasto saggiamente coperto, la levantina saggezza che individua subito chi conta e si adegua
La spiegazione è elementare: Ciampi e Prodi si sono laureati prima del ’68.