Il rapporto tra referendari e sinistra
Da qualche giorno mi sforzo di capire se e quando il coming out referendario di Berlusconi spingerà il Pd a rivedere la sua posizione (votare sì per poi cambiare la legge in parlamento), essendo chiaro come il sole, a questo punto, che: a) Berlusconi sta pensando di fare campagna per il Sì perché vuole proprio la legge che uscirebbe dal referendum; b) che una maggioranza parlamentare alternativa per cambiare quella legge non c’è e non ci sarà mai, non foss’altro perché non ci starebbe nemmeno buona parte del Pd, dove referendari veltroniani e ulivisti sono invece ansiosissimi di portare a compimento la tanto sospirata riforma bipartitica. A forza di rifletterci, però, ho capito che almeno su una cosa sono io che sbaglio, perché parlare di coming out referendario di Berlusconi è scorretto. Semmai, si dovrebbe parlare di coming out berlusconiano dei referendari. Una differenza non da poco, che la dice lunga sull’antico rapporto siamese tra sinistra italiana e quel vasto arcipelago composto di veltroniani, prodiani, professori e profeti della “società civile” che da anni dettano la linea dalle colonne di Repubblica, dai salotti televisivi perbene, e da tante altre parti. Un rapporto (e un coming out) che mi pare perfettamente esemplificato da questa vignetta, che pesco dall’altra parte dell’oceano, e cioè da quell’America Latina verso cui ci stiamo rapidamente incamminando.
franceschini a katzullo, oggi sul corriere
Sempre dall’interno del Pd, in particolare dagli ambienti vicini a Rutelli, viene la richiesta di cambiare linea sul referendum elettorale: il sì rafforzerebbe Berlusconi.
«Anche qui: serietà. Il referendum ci chiede se abolire o no la legge che il suo stesso autore ha definito ‘una porcata’. La risposta di chi ha contrastato questa legge non può che essere sì. La direzione del Pd ha approvato questa linea con oltre cento voti contro cinque. Tornare indietro per una battuta detta da Berlusconi camminando nelle vie di Varsavia significherebbe non essere un partito, ma solo un gruppo di persone impaurite ».
Il Pdl avverte che, se vince il sì, non si farà una nuova legge elettorale.
«Dimentica di avere 271 deputati su 630. Gli altri potrebbero decidere di farla ».
http://www.corriere.it/politica/09_maggio_04/franceschini_cazzullo_c1579454-386d-11de-a257-00144f02aabc.shtml