Lo spettro del sultanato post-referendario che toglie il sonno al Pd
Roma. Il Consiglio dei ministri ha fissato il referendum al 21 giugno. Come previsto. Imprevisto era però il coming out referendario di Silvio Berlusconi, che ha preoccupato non poco i leghisti, e non solo. Nell’opposizione si fa strada il sospetto che il Cav. voglia “fare cappotto”. Con la vittoria del “sì”, dunque con una legge che assicurerebbe al solo Pdl il 55 per cento dei seggi, e all’ex Casa delle libertà i due terzi del Parlamento, il Cav. potrebbe pensare infatti al Quirinale, a cambiare la Costituzione, a tutto (o quasi). Fantapolitica? Forse. Ma sono fantasie che possono togliere il sonno. E se Massimo D’Alema invita la Lega a schierarsi subito per una riforma della legge elettorale che corregga l’esito del referendum (al quale comunque voterà “sì”), Daniele Capezzone replica prontamente che “la volontà dei cittadini andrà rispettata, senza successivi pasticci in Parlamento”. In molti, però, restano scettici. Ernesto Galli della Loggia, storico e commentatore del Corriere della Sera, ritiene ad esempio più probabile che alla fine il Cav. preferisca non rischiare il tutto per tutto. Ma se invece rischiasse, e vincesse? “Se anche a vincere fosse il Berlusconi della rottura, deciso a usare pienamente il suo potere parlamentare, non credo ci sarebbero grandi rischi per la democrazia”. Di sicuro, però, con lui si affermerebbe “un’interpretazione della Costituzione e del rapporto tra i poteri molto diversa da quella elaborata negli ultimi trent’anni dall’establishment di centrosinistra”. Interpretazione ovviamente “non neutrale, ma figlia di un’ideologia politica”. E non neutrale, ma di segno ben diverso, sarebbe naturalmente quella berlusconiana. L’en plein del Cav. metterebbe dunque in fuori gioco “un intero establishment, con i suoi tic e le sue buone maniere”. E in questo caso, conclude Galli, “prevedo tirature alle stelle per Repubblica, che potrebbe riempire interi numeri per deprecare tutte le malefatte di Berlusconi”. (il Foglio, 1 maggio 2009)
“Se anche a vincere fosse il Berlusconi della rottura, deciso a usare pienamente il suo potere parlamentare, non credo ci sarebbero grandi rischi per la democrazia”
Se il sogetto non fosse Berlusconi, nulla di preoccupante.
Ma siccome il soggetto è Berlusconi, questa è una bestemmia bella e buona!
Scusate il tono potente, ma meglio di cosi per rendere la gravità personale a leggere una cosa del genere, da studente di scienze politiche, non sapevo come fare.
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