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Filosofi dalemiani contro “materialismo cattolico” e “spiritualismo laico”

12/05/2009

Roma. “Non si può mettere il broncio ai propri tempi senza riportarne danno”. Così, con una citazione di Robert Musil, Massimo Adinolfi ha spiegato ieri il senso del “rapporto” elaborato dal gruppo di filosofia della fondazione ItalianiEuropei. Una citazione che si potrebbe considerare già smentita dal fatto che la fondazione presieduta da Massimo D’Alema e Giuliano Amato abbia un “gruppo di filosofia”, e che in quella sede, assieme a giuristi quali lo stesso Amato, Luigi Ferrajoli e Stefano Rodotà, il suddetto gruppo si ritrovi a discutere il proprio lavoro per buone tre ore.
La citazione musiliana non va presa però come un semplice invito a seguire la moda, o se si preferisce lo “spirito del tempo”. Il problema, dice Adinolfi, è che la scena pubblica, soprattutto quando si tratti della vita e del suo rapporto con la tecnica, è stabilmente occupata dai rappresentanti di quelli che Michel Foucault chiamava “poteri pastorali” – per capirsi: lo scienziato e il prete – mentre al filosofo, quando voglia intervenire, viene subito richiesto di esibire i propri titoli. Forse perché i filosofi dalla scena pubblica si sono complessivamente ritirati. Ma questo, sostiene il rapporto non per nulla intitolato “Filosofia al presente”, è proprio quello che il filosofo non può fare. Ai propri tempi, insomma, il filosofo non può “mettere il broncio”, come sembrerebbe aver fatto negli ultimi vent’anni, a tutto danno della filosofia, ma forse anche del dibattito pubblico. E della politica. “Questo lavoro nasce dal disagio verso la crescente spoliticizzazione che ha caratterizzato anche la cultura di sinistra nell’ultimo quindicennio”, dice per esempio Geminello Preterossi, coautore insieme con Maria Laura Lanzillo del primo saggio del volume (“Per una critica dell’ideologia post politica e una nuova pratica della politica”).
Dati i presenti alla riunione di ieri, non deve stupire che delle due parti in cui il rapporto è diviso – “Intorno alla sovranità e ai diritti” e “Intorno alla vita e al biopotere” – il dibattito abbia riguardato quasi esclusivamente la prima. E in particolare il passaggio contenuto nel saggio di Alfredo D’Attorre sulla “accettazione acritica del paradigma globalista post sovrano che negli ultimi due decenni ha segnato una parte significativa del campo progressista”, seguito da una dura critica verso la “subalternità culturale a quello che nell’ultimo quindicennio è diventato un vero e proprio apparato ideologico” formato dalle “apologie neoliberali della globalizzazione e del glocalismo”.
La parte forse più spiazzante del rapporto è però la seconda. In particolare nel saggio intitolato “Il fantasma della vita”, in cui Federico Leoni e Rocco Ronchi individuano un curioso “paradosso bioetico”, prendendosela tanto con il “materialismo dei cattolici” quanto con lo “spiritualismo dei laici”. Se per i cattolici il valore della vita finirebbe infatti per coincidere con “la pura funzione biochimica di un organismo”, per il laico l’individuo è il “fantasma” che abita un corpo concepito come una macchina che pertanto “può lasciare in ogni momento, come il marinaio abbandona la nave quando questa affonda”. In entrambi i casi, la vita sarebbe dunque concepita come “un bene relativamente al quale ogni decisione è illecita – salvo quella di Dio, nel caso del cristiano; salvo la decisione di quel ‘fantasma di Dio’ che è l’individuo, nel caso del laico”.
Sul tema “Il futuro della natura umana”, peraltro, ItalianiEuropei terrà a fine mese la sua Summer School – incentrata l’anno scorso su “Religione e democrazia” – a dimostrazione di come riscoperta della sovranità e della battaglia ideologica, citazioni marxiane e critica di uno “spirito del tempo” che non si può non definire americano, nonostante tutto, non impediscano a questo americanissimo “think tank” di confrontarsi con i propri tempi, in forme assai poco tradizionali, senza mettere il broncio più di tanto. (il Foglio, 12 maggio 2009)

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