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L’endorsement di Veltroni

16/06/2009

L’endorsement veltroniano arriva a metà pomeriggio, con l’annuncio di una grande iniziativa pubblica a sostegno della ricandidatura di Dario Franceschini alla guida del Pd. Una mossa a sorpresa con cui Walter Veltroni ridisegna d’un tratto confini e significato del congresso di ottobre. Un congresso vero, con diversi (veri) candidati, su diverse linee politiche chiaramente alternative. E a garantirlo, stavolta, è proprio la mossa dell’ex segretario.
“Sarà quanto di più lontano dell’ennesimo incontro di una componente che si vede per ‘pesare’ nella vita interna di un partito”, assicura Veltroni. Ma il tempismo, i toni e il merito dell’appello, un lungo testo pubblicato su Facebook e subito ripreso da tutte le agenzie, sul congresso sono inevitabilmente destinati a pesare. Eccome.
All’appuntamento, fissato a Roma per il 2 luglio, ci saranno Sergio Chiamparino e Paolo Gentiloni, David Sassoli e Debora Serracchiani (che alcuni già vedono candidata in ticket con Franceschini). La parola d’ordine è “basta ritorni al passato”. Occorre ritornare invece allo “spirito del Lingotto”, dove Veltroni tenne il suo primo discorso da candidato alle primarie nel 2007.
La linea non potrebbe essere più chiara. “Abbiamo bisogno di un partito in cui avanzi una nuova generazione di dirigenti, che senta con orgoglio l’identità che era racchiusa nelle centinaia di migliaia di bandiere del Circo Massimo”, dice l’ex segretario, rievocando l’immagine della sua più riuscita manifestazione. Parla di “richiami antichi” e tensioni che “tornano e aumentano”, denuncia le manovre di chi vorrebbe “lasciar perdere il Pd” oppure “ridurne le ambizioni trasformandolo in un frammento minoritario di uno schieramento senza un disegno riformista”. Spiega che bisogna correggere gli errori compiuti, causa di delusione per tanti elettori, ma chiarisce subito dove va rintracciata l’origine di quella delusione: in un partito “impegnato più in laceranti e troppo spesso sotterranei scontri interni, più in un gioco perverso di posizionamenti individuali e di manovre di corrente, che in un convinto e unitario lavoro comune”.
Difficile non vedere in queste parole un’orgogliosa rivendicazione del suo operato da segretario e un rilancio in grande stile della sua linea, dalla “vocazione maggioritaria” all’idea di un partito leggero, aperto e senza correnti; ma anche una chiara indicazione degli avversari. A cominciare, va da sé, da Massimo D’Alema (“Io ora mi sto occupando di provare a vincere i ballottaggi, del resto parleremo dopo”, taglia corto il presidente di ItalianiEuropei).
Il problema è che su questa linea Veltroni rischia però di restringere, più che allargare, la capacità espansiva della futura mozione Franceschini. Innanzi tutto rispetto alla componente ulivista, che quella linea ha sempre duramente criticato. “E’ davvero sorprendente – reagisce Rosy Bindi – Siamo stati convocati con urgenza dal segretario a urne ancora aperte per prendere tutti l’impegno a non aprire il dibattito congressuale prima dei ballottaggi. E invece vedo che ci sono due pesi e due misure”.  Ma non è la sola a esprimere una simile “sorpresa”, condivisa anche da molti sostenitori del segretario, soprattutto tra i popolari, che nella scelta dei tempi (e delle persone) vedono il tentativo di mettere una pesante ipoteca sul candidato.
All’iniziativa del 2 luglio non ci sarà ad esempio un veltroniano della primissima ora come Goffredo Bettini (l’ex coordinatore del Pd punta sulla candidatura di Ignazio Marino, che però non ha ancora sciolto la riserva). Non sono stati invitati né il presidente della provincia di Roma, Nicola Zingaretti, né il presidente della regione Lazio, Piero Marrazzo (entrambi hanno appreso la notizia dalle agenzie). E nell’elenco dei partecipanti non figura alcun esponente dell’area popolare.
“Mi pare utile e positivo che Veltroni voglia rilanciare lo spirito originario del Pd, e che per farlo chiami attorno a sé una parte degli amici più stretti che hanno condiviso con lui questa avventura”, commenta Beppe Fioroni. E lo stesso Paolo Gentiloni, in serata, precisa di “avere aderito all’iniziativa nell’ottica di un rilancio del progetto originario del Pd, ma a patto che non sia né la manifestazione di un’area né occasione di schieramento nel dibattito congressuale”. Una speranza che a questo punto sembra destinata a restare delusa. (il Foglio, 16 giugno 2009)

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