Quando si dice la sfortuna
E pensare che Repubblica aveva l’analisi che si sarebbe rivelata la più azzeccata di tutte, più di una settimana prima. Un illuminante articolo di Timothy Garton Ash, uscito come di consueto sul Guardian, e come di consueto tradotto e ripubblicato su Repubblica. Ma si sa che quando ci si mette la sfortuna c’è poco da fare. Distrazione, stanchezza, stress, mancanza di coordinamento. Fatto sta che venerdì scorso l’analisi dell’autorevole studioso, invece che in prima, è finita nascosta a pagina 32. E ancor meglio nascosta, colmo di sfortuna, dal titolo. L’originale era: “British politicians will need to act more like the Germans – only faster”. Interessante, no? Ma su Repubblica il titolo era questo: “I politici britannici obbligati alla velocità”. Che poi, se leggete l’articolo, è esattamente il contrario – ma proprio il contrario – di quello che sostiene Garton Ash. Il problema è che quello che sostiene Garton Ash è anche il contrario esatto di quello che sostiene Repubblica, per l’Italia e per la sinistra italiana in particolare. Quando si dice la sfortuna.
La settimana scorsa ero a Berlino: la gente non faceva che chiedermi delle elezioni in Gran Bretagna e io continuavo a chiedere come si dice in tedesco hung parliament. Nessuno lo sapeva. L’espressione non esiste perché il sistema di rappresentanza proporzionale adottato nel 1949 nella Repubblica Federale produce abitualmente parlamenti privi di maggioranza assoluta. Ai tedeschi quindi basta dire parlamento. Facendo un rapido calcolo la Repubblica Federale negli ultimi 60 anni è stata governata solo per due anni scarsi da un unico partito o da un governo di minoranza tollerato. Per il resto è stata retta da governi di coalizione. Ma non sembra proprio che la Germania di oggi somigli a quel caos terribile che i quotidiani conservatori popolari britannici, come il Daily Mail e il Sun, agitano come spauracchio davanti ai loro lettori.
Con tutto il rispetto per Ash-Cundari, se si esclude la penultima elezione tedesca (quella con la Linke alta e le due coalizioni omogenee entrambe sotto il 50, Cdu-Fdp e Spd-Verdi, che ha obbligato alla Grande coalizione, nonostante il sistema elettorale, la maggioranza assoluta c’è sempre stata per ognuna delle due coalizioni omogenee. Nel caso inglese si ragiona sulla maggioranza assoluta a un solo partito perché si rifiuta l’idea di governi di coalizione, qui invece l’odea di maggioranza assoluta è associata all’idea di un governo di coalizione. Poi ognuno di noi può avere i suoi giudizi di valore, su rapidità e lentezza, ma i giudizi di fatto sono questi: non si può ragionare sulla Germania con un criterio inglese e neanche viceversa.
se capisco bene, i tuoi sono “giudizi di fatto” (splendida creazione linguistica, complimenti); i giudizi di valore, quelli degli altri. Ora, con tutto il rispetto, e senza voler per questo minimamente mettere in discussione la “coalizione omogenea” formata dalle tue opinioni assieme ai “fatti”, direi che il trucco sta nella nozione stessa (e tutta italiana) di “coalizione omogenea”, come l’economista svedese due commenti qui sotto spiega molto meglio di me, mi pare.
Sta’ a guarda’ ar capello. E’ noto che i titoli di Repubblica sono più corti di quelli del Guardian. E’ un problema di gabbie grafiche…
Mi sfugge il concetto di “coalizione omogenea”. Per dire, la FDP ha governato quasi ininterrottamente dal 1949 al 1998. E lo hanno fatto prima con la CDU (per una dozzina d’anni), poi con la SPD (per 13 anni) e poi nuovamente con la CDU (per 16 anni). Quale sarebbe la coalizione omogenea?
Se poi vogliamo passare a livello locale, si sono viste contemporaneamente coalizioni di ogni tipo. Non credo ci sia bisogno di un elenco dettagliato delle varie opzioni disponibili.
L’idea che ci debbano essere due partiti o due “coalizioni omogenee” che si fronteggiano uguali a loro stesse dalle elezioni nazionali a quelle del comune più sperduto della provincia è una cosa che esisteva forse solo in UK. E naturalmente nelle fantasie di qualche politologo nostrano.
Tutto questo rientra nel problema più generale del conflitto fra Repubblica e i fatti.
“e abbiamo scuse che, anche se buone,
non c’è nessuno che le ascoltrà.”
(Ligabue, Tra palco e realtà)
Premesso che ho una preferenza per il bipolarismo, trovo pure io l’argomentazione di Ceccanti un tantino “preconfezionata”. Perchè c’è da dire che in Germania non solo il termine “coalizioni omogenee ” sarebbe un neologismo, ma anche ( se non sbaglio) che non si formano prima del voto, ma dopo e sulla base del risultato elettorale.
scusate ma in tutti gli ultimi anni sono loro che reciprocamente hanno presentato prima del voto come scelta preferenziale l’alleanza Cdu-Fdp e Spd-Verdi, loro si sono riconosciuti prima del voto come coalizione omogenea tant’è che la grande coalizione è sorta perché Cdu e Fdp insieme non facevamo 50 più uno e neanche Spd-Verdi. Poi fate voi..
Non è vero. Solo durante la campagna elettorale del 2002 la SPD e i Verdi prepararono un programma comune di massima (simboleggiato da una copertina per metà rossa e per metà verde) in cui sancirono ufficialmente la volontà di proseguire l’esperienza di governo anche dopo le elezioni. Altrimenti non è mai successo che un partito si incatenasse ad una coalizione “prima” del voto. E non si tratta di una questione di numeri, ma di opportunità politica. A Brema, non molti anni fa, la coalizione SPD-Verdi aveva la maggioranza, ma si decise di dare comunque il via ad una grande coalizione. Attualmente a livello nazionale i Verdi sembrano più predisposti ad un accordo con la CDU centrista della Merkel (dopo le prove generali ad Amburgo e nella Saar, qui addirittura in coalizione a tre con CDU e FDP!!) che con questa SPD in stato confusionale.
Il fatto di non legarsi le mani prima delle elezioni e di avere a disposizione diverse opzioni possibili ha anche il vantaggio di sottrarre le forze maggiori al ricatto dei potenziali junior partner di coalizione. Dopo le elezioni del 1998 Schröder non escluse un accordo con la CDU al solo scopo di ridurre a più miti consigli i Verdi che si preparavano alla loro prima esperienza di governo e avevano avanzato richieste esagerate sia in termini programmatici che di presenza nel governo. Inutile dire che in Italia una minaccia del genere non sarebbe mai stata credibile, visto che fra le due “coalizioni omogenee” si è scavata una trincea profonda qualche metro.
Incatenarsi è una cosa, dichiarare un chiaro ordine di preferenze è un altro e si fa. Inoltre vanno nettamente distinte due ipotesi di Grande Coalizione: una è quando tra le formule possibili si sceglie la Gc (come a livello federale tra 1966 e 1969), un’altra è quando si è obbligati alla Gc come unica formula possibile perché in presenza di un partito non coalizzabile le altre alleanze non arrivano al 50 più uno. E’ il grave limite di sistema evidenziato dalle penultime elezioni federali, dopo le quali si era aperto anche un dibattito politico e politologico sulla modifica del sistema elettorale che è stato puntualmente ricostruito dalla rivista politologica “Pouvoirs” con tutte le relative pezze d’appoggio.
A me pare che in Germania i partiti, più che dichiarare “ordini di preferenze”, si preoccupino soprattutto di dichiarare ex-ante le opzioni che non intendono praticare. E’ il caso, ad esempio, della SPD con la Linke.
Apprezzo che Ceccanti mi abbia concesso il punto sul fatto che la Grande Coalizione non viene realizzata solo per esigenze numeriche, ma anche per ragioni di opportunità politica. Stessa cosa per altri tipi di alleanze sperimentate a livello locale, pur in presenza di maggioranze alternative (penso alla Rheinland-Pfalz, dove per 15 anni vi è stato un governo SPD-FDP sebbene fosse quasi sempre numericamente praticabile una maggioranza con i Verdi, che nello stesso periodo erano al governo con i socialdemocratici a livello nazionale).
Cosa resti del concetto di “coalizione omogenea” dopo queste e altre eccezioni è qualcosa che mi risulta francamente oscuro.