Gli amici del giaguaro
Mettiamola in termini semplici. Io penso che l’unica strada razionale per il principale partito di opposizione sia quella che il Partito democratico mi pare abbia finalmente imboccato: offrire a tutte le forze di opposizione un accordo per una larga coalizione democratica, e chi non ci sta se ne assume la responsabilità. Capisco però che questa posizione possa non convincere tutti, tanto più di fronte alle sfibranti oscillazioni di Pier Ferdinando Casini e degli altri terzopolisti. Quello che non capisco è come si possa, da un lato, contestare la proposta della coalizione democratica aperta a tutte le forze di opposizione, con l’argomento che sarebbe solo una confusa ammucchiata, e dall’altro difendere il nostro attuale bipolarismo di coalizione, che da sedici anni pone tutte le forze politiche dinanzi a questa ineludibile alternativa: costruire una “confusa ammucchiata” per le elezioni o rassegnarsi a perderle in partenza, senza nemmeno passare dal via, le elezioni. Non capisco come si possano sostenere entrambe le cose – dico – senza essere Silvio Berlusconi, o suoi affezionatissimi amici.
Per sostenere entrambe le cose o si è amici del Caimano o si devono avere un progetto politico forte e dei leader che riescono a prender voti.
Perché non un progetto politico forte che riesce a prendere voti?
Ad essere onesti, chi critica l’approccio del PD (da Vendola in giù…) non è contrario alla coalizione in sè, ma al costruire una coalizione a prescindere da un’idea d’Italia.
Il piùgrandepartitoriformistadigovernomomentaneamenteall’opposizione dovrebbe avere un’idea chiara: a) del proprio progetto politico, e b) della constituency a cui proporre questo progetto; e poi metterli sul piatto e vedere chi ci sta, e a che condizioni.
Partire da una coalizione senza un progetto di Paese in testa non è solo politicamente sbagliato. E’ una strategia di negoziazione demente.