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Immunità parlamentare e impunità politica

24/02/2011

Di tutte le proposte demagogiche che soffocano la discussione razionale sul funzionamento delle nostre istituzioni democratiche ce n’è una – una sola – che mi sembrerebbe utilissima, e ogni giorno più urgente: una radicale riduzione del numero dei parlamentari, molto più radicale di quelle proposte finora da tutti i partiti, perlopiù a mezza bocca e come concessione allo spirito del tempo (in modo cioè doppiamente sbagliato, nel merito e nel metodo). Non si tratta di risparmiare soldi, e il solo catalogare una questione del genere tra i “costi della politica” è già una manipolazione. Meglio sarebbe allora chiamarli direttamente “costi della democrazia”, o ancora più chiaramente “costi della libertà”, così almeno si capirebbe qual è il punto. Ma proprio lo spettacolo indecente che abbiamo sotto gli occhi da alcuni mesi, la vera e propria orgia del trasformismo parlamentare che va in scena ormai quotidianamente, mostra secondo me la reale natura del problema. E’ facile ironizzare sull’Italia dei valori, partito campione di antiberlusconismo e questione morale, che vede regolarmente suoi esponenti, una volta eletti, passare con il centrodestra (da Sergio De Gregorio a Domenico Scilipoti). Figurarsi poi se non è lecito ironizzare sullo spettacolo dato dalle convulsioni di Futuro e libertà, con parlamentari che firmano una mozione di sfiducia al mattino e votano contro la sera (o viceversa), quindi ci ripensano, poi ci ri-ripensano, e così via. E che dire di certi esponenti del Pd, a partire dall’indimenticabile Massimo Calearo? E’ chiaro che c’è poco da stare allegri, nel complesso. Ma se non vogliamo precipitare in un dipietrismo al quadrato (e cioè in una forma di antipolitica che metta tutto e tutti sullo stesso piano, compresi i campioni dell’antipolitica e di questo stesso modo di ragionare), se non vogliamo, insomma, abbandonarci a una crisi di nervi, dobbiamo riconoscere che alla base di tutto questo c’è un problema oggettivo, di natura non personale, ma sistemica. Da un lato, infatti, partiti personali, esangui e destrutturati come quelli attuali, semplicemente, non ce la fanno, non riescono più a produrre classe dirigente in quantità sufficiente (tralascio il tema della qualità) e di conseguenza, inevitabilmente, si trasformano in uffici di collocamento per aspiranti parlamentari di ogni genere e provenienza. Dall’altro lato, il proliferare di una selva di oscuri personaggi che nessuno ha mai sentito nominare all’interno del parlamento, massa di manovra per tutte le operazioni più spregiudicate, pone un problema democratico serissimo. Non per nulla, quando si vuole far passare un provvedimento di cui non si ha nemmeno il coraggio di assumersi la responsabilità, è sempre a uno di costoro che lo si affida. Non per nulla, sin dai primi anni di questa fantastica Seconda Repubblica fondata sul bipolarismo, sul maggioritario e sulla trasparenza, la vita di vari governi è dipesa di fatto da movimenti politici nati in parlamento, da un giorno all’altro. E proprio chi, come me, ritiene che per uscire dal berlusconismo bisognerebbe innanzi tutto uscire dalla camicia di forza del bipolarismo di coalizione, non può non porsi per primo questo problema. Perché restaurare la centralità del parlamento significa ristabilire il principio per cui è in parlamento che si formano i governi, e non “davanti agli elettori”, certamente (soprattutto se non vogliamo che in parlamento si formino invece i partiti, come accade oggi); ma proprio per questo è essenziale che in parlamento siedano effettivamente i rappresentanti del popolo, che per essere tali, come minimo, al popolo devono essere noti. Il tema dell’immunità parlamentare, e cioè il fatto che sia il parlamento stesso ad autorizzare o meno le indagini sui suoi membri, evidentemente, si può porre seriamente solo all’interno di questo discorso, altrimenti è la peggiore di tutte le leggi ad personam (restituire l’immunità a un parlamento asservito significa asservirlo ancora di più, e fare della stessa immunità un ulteriore strumento di asservimento nei confronti dei suoi singoli membri). Di conseguenza, da parte del Pd, accettare il ripristino dell’immunità parlamentare proposto dal centrodestra senza affrontare prima il tema della centralità del parlamento, cioè il tema della restaurazione del suo potere (anzitutto sul governo) e della drastica riduzione dei suoi membri,  sarebbe doppiamente sbagliato (anche per le ragioni già dette qui, che non ripeto). Perdere però l’occasione per provare almeno a impostare la questione in questi termini, anche solo in forma polemica nei confronti della maggioranza, affinché “sia messo a verbale” come la pensa il maggior partito di opposizione, secondo me, pure.

4 commenti leave one →
  1. Lucandrea permalink
    24/02/2011 20:27

    In sostanza torniamo alla Prima Repubblica senza colpo ferire? Perché invece non cambiamo l’assetto costituzionale e passiamo al presidenzialismo e lo svincoliamo dal parlamento? Perché – ancora meglio – non ci battiamo per l’unica seria forma di rappresentanza politica: il collegio uninominale?

    • francesco cundari permalink
      24/02/2011 20:57

      questo di un presidenzialismo “svincolato” dal parlamento mi sembra un lapsus davvero rivelatore

  2. 24/02/2011 20:51

    Di solito non sono d’accordo su come la pensi riguardo al bipolarismo e alla cosiddetta seconda Repubblica, ma questo articolo è ottimo!

  3. 25/02/2011 19:06

    Non mi sono chiare alcune cose.

    Innanzitutto non mi è chiaro come la situazione attuale possa dipendere dal maggioritario, visto che il porcellum in realtà è un proporzionale luciferino. E’ peraltro da quest’ultimo sistema che dipende direttamente lo scadimento dei parlamentari: perché sono nominati e imposti.

    In secondo luogo non mi è chiaro il nesso tra il privilegio dell’immunità e la “centralità” del Parlamento. Un Parlamento riempito di gente degna e inffcapace di svolgere le sue funzioni in maniera competente ne ha bisogno? Perché?

    Questo nell’articolo non viene spiegato. Io personalmente sono contrarissimo, perché l’immunità ha senso soltanto se protegge le scelte politiche (che in un sistema non democratico possono trasformarsi in “reati”), non i delitti comuni. Se si pensa che la magistratura sia persecutoria, si ricordi che un giudice potrebbe allora essere persecutorio nei confronti di chiunque: dell’amante della moglie, del vicino rrumoroso, della suocera incazzosa, dell’avvocato superbo. Perché non protegere anche loro dai giudici? Esistono già delle garanzie e contrappesi.

    Non viene neanche spiegato cosa dovrebbe rimpiazzare il bipolarismo. Senza che mi metta a filosofeggiare sul termine, io per bipolarismo intendo l’idea che le elezioni qualcuno le vince e un’altro le perde. Uno fa il governo e l’altro l’opposizione.

    L’idea che si intravede nell’articolo è che invece i partiti si presentino, prendano i loro voti e poi in Parlamento vedano un po’ con chi riescono a diventare maggioranza.

    In che modo questo favorisca la vita politica italiana non mi è chiaro. Secondo me sfavorisce l’elaborazione e la realizzazioni di programma di ampio respiro.

    Sarei anche dell’idea che il bicameralismo perfetto ha un po’ rotto le palle, ed è anche una delle ragioni per cui, anche al netto di Berlusconi che non ha idea di cosa sia il Parlamento, i governi abusano dei decreti.

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