Alice nel paese dei valori
Quando in America o da qualche altra parte del mondo un politico noto come integerrimo predicatore di valori (valori quali la famiglia, la religione, la tradizione) viene ritrovato in un bordello o in qualcosa che gli assomiglia – cosa che in effetti accade assai spesso – buona parte delle persone di sinistra che frequento commenta il fatto, ogni volta, con un misto di soddisfazione e amarezza: ecco, ti pareva, sempre la stessa storia, tutti così questi predicatori di valori… ma com’è possibile che la gente ancora ci caschi? Nessuno, mai, che si sogni di dire – anche solo per il gusto del paradosso – che è tutta una montatura, che lo attaccano perché è un personaggio scomodo, che è un complotto dei suoi avversari politici per screditarlo, isolarlo, tappargli la bocca. Oppure, semplicemente, che non conoscono i dettagli della vicenda e comunque non li interessa, perché tanto non significa nulla. Macché. A scanso di equivoci, il più delle volte io sono d’accordo con loro. Quello che non capisco è perché non siano in grado di dimostrare altrettanto smaliziato uso di mondo di fronte a predicatori di altri valori – valori che a loro stanno più a cuore, s’intende, che toccano le loro corde sensibili – quando per esempio dal valore della famiglia si passi al valore della legalità. E’ un fenomeno che non finirà mai di stupirmi: che abbiano sette lauree e passino il tempo libero a ritirare premi Nobel o che siano analfabeti che il tempo libero lo passano davanti allo stesso canale tv perché non sanno usare il telecomando, non cambia nulla. La capacità di distinguere un ciarlatano da una persona seria è la stessa: zero. Cambia solo la nicchia di mercato. E davanti alla tv assomigliano tutti a tanti fedeli clienti di Vanna Marchi: invece di comprare pozioni di eterna giovinezza o “sciogli-pancia” – o miracolosi estratti da radici cristiane che garantiscano massima purezza di costumi per almeno un secolo dal primo impacco – acquistano elisir della questione morale, che promettono di allontanare da loro e dai loro cari tutti i mali del mondo. La dinamica è esattamente la stessa. E infatti, ogni volta che i loro improbabili beniamini si trovano invischiati in vicende che per altri basterebbe la metà a decretarne l’eterna esecrazione – cosa che accade, anche questa, assai spesso – le stesse sono le giustificazioni, le spiegazioni o il disinteresse. Forse perché tali improbabili commercianti di valori sono davvero, in qualche modo, il loro elisir di giovinezza – e un elisir che funziona – tenendoli stretti al calore rassicurante di antiche certezze, in un mondo dove i buoni sono buoni e i malvagi sono malvagi, e tutto è terribilmente semplice, come quando eravamo giovani. O bambini. O fessi.
quindi anche tu frequenti quelli che “dovremmo smettere di frequentare per capire il Paese”?