Tendenza Binetti – L’inclinazione del Pd per i processi interni
Roma. Nel Partito democratico assicurano che Riccardo Villari presenterà le sue dimissioni oggi stesso, alla prima seduta della commissione di Vigilanza sulla Rai, fissata alle ore 14 e 45. “Nel rispetto istituzionale dell’incarico che ricopre e del ruolo di garanzia della Commissione – afferma in una nota l’attuale presidente, parlando di sé in terza persona – la sede propria per qualsiasi comunicazione e/o determinazione è quella istituzionale, quindi la Commissione stessa”. Nulla aggiunge Villari in merito all’oggetto delle sue eventuali determinazioni e/o comunicazioni. Ma tutti ripetono che si dimetterà, che lascerà il posto a Sergio Zavoli (sul quale si è nel frattempo raggiunto il tanto sospirato accordo tra Pd e Pdl) e che si chiuderà così il secondo caso – il primo è stato quello di Paola Binetti – di dissidente a rischio espulsione dal Partito democratico. Nel giro di nemmeno due settimane.
O forse bisognerebbe dire il terzo caso, contando anche la richiesta di provvedimenti disciplinari implicita nelle durissime accuse piovute in questi giorni su Franco Bassanini per via della sua recente nomina al vertice della Cassa depositi e prestiti (controllata dal Tesoro), che del resto alla vicenda Villari è stata esplicitamente paragonata. Per non dire del quarto caso, se al già copioso fascicolo dei reprobi si aggiunge anche il nome del senatore Nicola Latorre, che a un dibattito televisivo dedicato proprio al caso Villari, a “Omnibus”, ha passato all’esponente di An Italo Bocchino un fogliettino in cui gli suggeriva un buon argomento da contrapporre a quelli dell’esponente dell’Italia dei valori, che proprio in quel momento stava sostenendo la candidatura di Leoluca Orlando (e questa era anche la posizione ufficiale del Pd). “Io non posso dirlo, ma il precedente della Corte? Pecorella?”, scriveva Latorre.
Nel frattempo, Latorre si è dimesso dalla commissione di Vigilanza. In un’intervista pubblicata ieri dal Mattino si era detto disponibile a farsi da parte per permettere l’elezione di Zavoli (che per essere eletto presidente della commissione, prima deve diventarne membro). E così, giusto ieri, la sua “disponibilità” si è incontrata con la perentoria richiesta del segretario Walter Veltroni, che ha telefonato al capogruppo Anna Finocchiaro per chiederne l’espulsione (dalla Vigilanza, s’intende). Alcuni sostengono però che la vicenda del “bigliettino” sia solo un pretesto. “In quella trasmissione gli avversari erano almeno due – dice per esempio il dalemiano Matteo Orfini – come dimostrano le ultime dichiarazioni di Antonio Di Pietro, che del resto proprio Veltroni aveva definito fuori dal ‘recinto razionale e riformista’, e persino ‘lontano dall’alfabeto democratico del centrosinistra’, dunque non capisco dove sia il problema”.
Il problema, sostengono gli stessi dalemiani, sta semmai nell’intervista di Latorre al Corriere della Sera, in cui il senatore aveva criticato la condotta del Pd in tutta la vicenda. Intervista che non per nulla il senatore (veltroniano) Stefano Ceccanti aveva definito subito “sconcertante”. Ma il problema, come mostrano i tanti “casi” citati, sta innanzi tutto nella concezione del partito. E infatti è proprio su questo che dalle agenzie, dai giornali, dalle televisioni – e persino dai blog – dalemiani e veltroniani si scambiano accuse sempre più pesanti. “Sulla Vigilanza Rai non servono processi stalinisti, ma una seria autocritica da parte di Veltroni”, dichiara il dalemiano Roberto Gualtieri. Quanto a Villari, scriveva in mattinata lo stesso Gualtieri sul suo blog, semmai andrebbe ringraziato, avendo permesso al Pd di superare lo stallo su Orlando.
“Gualtieri si schiera ora a favore di partiti che oserei definire gassosi e anarchici… mentre sin qui si era sempre battuto per partiti solidi contro le manie nuoviste liquide e soprattutto per partiti disciplinati come quelli tedeschi, in cui un caso Villari non sarebbe neanche immaginabile”, replica Ceccanti, anche lui sul suo blog, con fior di citazioni dalla dottrina tedesca (peraltro in lingua originale). “Vorrei ricordargli che in Assia tre parlamentari dell’Spd hanno reso ripetutamente impossibile la formazione di una maggioranza a guida socialdemocratica con il sostegno esterno della Linke perché non condividevano quella linea, fino a rendere inevitabili nuove elezioni”, controreplica Gualtieri. “I tre sono ancora al loro posto, mentre il leader nazionale Kurt Beck, che aveva ispirato l’apertura alla Linke, no”. Una conclusione che è tutto un programma. (il Foglio, 20 novembre 2008)