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Soru riapre la guerra di successione nel Pd

23/12/2008

Roma. Oggi Renato Soru annuncerà la sua decisione definitiva. Ieri, in un’intervista a Repubblica, il dimissionario presidente della Sardegna si è detto “pronto a nuove elezioni”. E all’ora in cui questo giornale va in stampa la sua posizione non sembra essere cambiata. Il voto anticipato – a febbraio – andrebbe però ad aggiungersi a una serie di tornate elettorali già abbastanza insidiose per il Partito democratico. Tra amministrative ed europee saranno in ballo, prima, città come Firenze e Bologna, quindi preziosissimi punti percentuali, da cui potrebbe dipendere la stessa leadership di Walter Veltroni, in una competizione proporzionale e senza sbarramento in cui il Pd dovrà fronteggiare la concorrenza degli ex alleati della sinistra radicale, ma soprattutto quella dell’Italia dei valori. A giudicare dai sondaggi che girano, per il Pd la primavera del 2009 si annuncia comunque ben poco rigogliosa.
Non per nulla Veltroni ha già chiesto più volte a Soru di ripensarci, offrendogli in cambio tutto il suo appoggio nella battaglia che da tempo lo oppone a un pezzo del suo stesso partito. Almeno finora, però, le pressioni non sembrano aver convinto il presidente. E così, proprio nei giorni in cui Pierluigi Bersani non esclude una sua candidatura alla segreteria (ovviamente dopo le europee) e Veltroni respinge la proposta presidenzialista di Silvio Berlusconi (“Siamo contrarissimi”, ha detto il segretario), la questione sarda finisce inevitabilmente per mescolarsi a un dibattito interno già piuttosto scosso dalla “questione morale”. Un dibattito in parte venuto alla luce nella direzione di venerdì e in parte rimasto confinato a riunioni più riservate.
Ad alimentare le tensioni ha contribuito infatti il sospetto che l’editore di Repubblica ed Espresso, Carlo De Benedetti, abbia deciso di aprire le lotte di successione. E che abbia puntato le sue carte proprio sul presidente della Sardegna, nonché proprietario dell’Unità, nonché fondatore di Tiscali (società di cui De Benedetti possiede una quota). A protestare contro la campagna dei giornali del gruppo sulla “questione morale”, infatti, non è stato solo il sindaco di Firenze, che si è perfino incatenato per protesta davanti alla redazione di Repubblica ed Espresso. Già nel coordinamento di giovedì, tanto Piero Fassino quanto Dario Franceschini avevano apertamente criticato il segretario, apparso fin troppo in sintonia con l’editoriale di Ezio Mauro uscito il giorno prima su Repubblica. Editoriale in cui si indicava al Pd, come unica soluzione alla “questione morale”, uno “strappo di innovazione che faccia piazza pulita di vecchi apparati e di metodi ancora più vecchi”, rendendo il partito “trasparente, contendibile e aperto a forze davvero nuove nella società, col rischio necessario del ricambio”. Ma dopo le prime dichiarazioni di Veltroni in cui si attribuivano gli scandali ai residui dei vecchi partiti che avrebbero “afferrato il nuovo”, per ovvie ragioni, tanto gli ex Ds quanto gli ex Dc hanno imposto una brusca correzione, come testimoniato dal tono ben diverso della relazione tenuta dal segretario alla direzione di venerdì, senza che questo gli risparmiasse peraltro molte critiche sulla sua distinzione tra “vecchio” e “nuovo”.

Un test nazionale
A mettere però direttamente il dito nella piaga è stato Fassino. “Non possiamo accettare – ha detto l’ex segretario dei Ds – la pretesa che spesso ci viene da un pezzo del mondo dell’informazione di eterodirigere la politica”. Concetti analoghi sono venuti da molti. E buona parte del dibattito ha girato attorno alla revisione critica di tante “novità” e “innovazioni”, a cominciare dalle primarie per incarichi di partito, come quello di segretario regionale.
Il voto anticipato in Sardegna sarebbe pertanto anche un test sul modello di partito, dopo le dimissioni del segretario regionale che proprio in opposizione al modello “presidenzialista” di Soru, e proprio contro Soru, le primarie le aveva vinte.
“Questa vicenda il presidente l’ha gestita in prima persona – dice il deputato Giulio Calvisi – giocando la carta del ‘sindaco di Sardegna’. Una carta che può rappresentare un modello nazionale. E’ un modello che personalmente non condivido, ma a questo punto, se si andrà al voto, mi auguro che funzioni”. Se dunque il “sindaco di Sardegna” terrà ferma la sua decisione, la battaglia interna su primarie, questione morale e rinnovamento avrà nell’isola un fronte decisivo. (il Foglio, 23 dicembre 2008)

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  1. elis1r permalink
    29/12/2008 12:00

    È evidente, l’esigenza di un rinnovamento nella leadership del Pd. Parte della sinistra, per mesi, ha ignorato il problema, forse per l’imbarazzo di riconoscere la necessità di un rinnovamento di un partito a così poco tempo dalla sua nascita… Ma l’esigenza si è fatta innegabile da quando l’elettorato ha cominciato a percepire come figure di spicco del centro sinistra un politico come Di Pietro (!), forse perché agli occhi della gente, memore dei tempi di tangentopoli, è apparso in grado di dimostrare che “fare opposizione politica” non consiste solo nel denigrare l’attuale Presidente del Consiglio (e indirettamente anche l’elettorato) ma – tanto per cominciare – nel degnarsi di formulare uno straccio di controproposta a quelle governative. Chiarita la mia modesta opinione che Di Pietro non può essere il successore di Veltroni, e volendo formulare una proposta, come lo vedreste Zingaretti? Ha attirato la mia attenzione per il suo progetto sulla diffusione del wifi ed ho osservato il suo lavoro (per esempio qui) e penso, che nonostante le attribuzioni della Provincia non siano molte, stia facendo un ottimo lavoro sfruttando ogni possibilità del suo mandato per il bene della comunità che è chiamato a rappresentare.

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