Veltroni, mal d’Africa
Roma. Al coordinamento del Partito democratico fissato per discutere la pesante sconfitta in Sardegna, Walter Veltroni si è presentato ieri mattina con l’annuncio delle sue dimissioni. Davanti alle insistenze dei presenti, che lo invitavano a ripensarci, ha replicato: “Ci penso, ma non cambio idea”. Si è preso un paio d’ore per riflettere e ha riconvocato la riunione nel primo pomeriggio. Ma non ci ha ripensato. Il coordinamento tornerà a riunirsi stamattina alle otto e trenta, segno inequivocabile che ieri non è stata presa nessuna vera decisione. Al termine, intorno alle undici, Veltroni spiegherà in una conferenza stampa le ragioni della sua scelta. A convocare la riunione di stamattina è stato però il vicesegretario Dario Franceschini, ed è un dettaglio che ha il suo significato. Secondo alcuni, infatti, sarà lui a guidare il partito fino all’assemblea costituente che dovrà eleggere il “segretario di transizione” chiamato a guidare il Pd in campagna elettorale e fino al congresso di ottobre, dove si sceglierà – con una prima consultazione tra gli iscritti e poi con le primarie – il successore di Veltroni. Secondo altri, il segretario pro tempore eletto dalla Costituente sarà lo stesso Franceschini, nel quadro di un accordo “unitario” con tutte le componenti. E’ stata subito scartata, invece, la proposta di un “direttorio” che avrebbe dovuto affiancare Veltroni fino al congresso, avanzata da Anna Finocchiaro e caduta per indisponibilità sia di Veltroni sia dei possibili componenti del direttorio medesimo. A quanto pare, nessuno vuole “bruciarsi” ora, prendendo in carico un partito piegato dalla sconfitta, nel pieno di una campagna elettorale che non si annuncia certo carica di onori e di glorie. O perlomeno, nessuno vuol farlo senza avere una chiara investitura, se non da un congresso anticipato (ipotesi che nessuno considera praticabile), almeno dalla Costituente. Certo è che la decisione improvvisa di Veltroni ha colto di sorpresa tutti. A cominciare da Francesco Rutelli, che al primo gesto del segretario si era affrettato a inviargli, via agenzia, la sua rinnovata fiducia. Ed è pertanto rimasto assai contrariato dalla conferma delle dimissioni. “Un abbandono che rende tutto più difficile”, dice Linda Lanzillotta, dando voce allo sconcerto dell’area rutelliana. Ma è evidente che a questo punto sono in molti, in quella che fino a ieri era la composita maggioranza veltroniana, a doversi riposizionare. Nel caso in cui l’ipotesi Franceschini (o un’altra analoga) non dovesse ottenere oggi il preventivo assenso di tutte le componenti del partito (a cominciare da quelle rimaste finora fuori dalla maggioranza, come i dalemiani) tutti gli aspiranti traghettatori dovranno misurarsi con il voto di una platea di oltre duemila delegati, eletti due anni fa, in una stagione che sembra lontana anni luce. E’ chiaro pertanto che la parola decisiva l’avrà Pier Luigi Bersani, che dovrà scegliere se cominciare sin d’ora la sua corsa, chiedendo per sé l’incarico di segretario pro tempore, o aspettare tempi migliori. (il Foglio, 18 febbraio 2009)