Quelli che non perdono mai
Non mi dedico più con l’assiduità di una volta, è vero, agli articoli di quel folto gruppo di professori sparsi per tutti i maggiori quotidiani, a destra e a sinistra, che fino a ieri ci spiegavano che il liberismo è di sinistra e che solo la sinistra italiana non lo aveva capito, esortandoci a seguire il modello anglo-americano incentrato sulla finanza. Ho smesso di occuparmente più per stanchezza che per fair play, perché alla lunga anche le trovate più divertenti finiscono per annoiare, e mi pare che ai nostri infaticabili opinionisti sia venuta meno la fantasia dei tempi migliori, ormai. Preferisco dunque portarmi avanti col lavoro, e commentare direttamente i loro interventi radio-cartaceo-televisivi futuri. Tanto lo schema è già chiarissimo: a ogni notizia di nuovi crolli di borsa, aziende fallite, banche al collasso, scriveranno che è la prova che le politiche “neostataliste” o addirittura “neosocialiste” adottate per rispondere alla crisi – visto? – non solo non risolvono nulla, ma sono anzi dannose; e a ogni notizia di ripresa, invece, scriveranno che è la prova che la crisi non era affatto quella catastrofe che i “neostatalisti” dicevano, che era soltanto una naturale e salutare autocorrezione del mercato, che tutto vede e a tutto provvede per il meglio (e che pertanto bisogna lasciar lavorare senza intralci). Insomma, se il malato non dovesse guarire o dovesse addirittura peggiorare, sarà colpa della medicina. Ma se invece si dovesse riprendere, il merito sarà solo ed esclusivamente della malattia.
avrebbero ragione
All’estero invece gli editorialisti hanno fatto propria la vecchia frase dei fratelli Marx: “Questi sono i nostri principi. Se non vi piacciono ne abbiamo degli altri”. Francamente non so cosa sia peggio.