Attendiamo fiduciosi
02/06/2009
Non discuto, anche se penso che prima o poi si dovrà farlo, questa corsa tumultuosa alla dismissione di tutto ciò che è pubblico, questa sorta di voluttà generalizzata che induce a respingere come diabolica, a cominciare dalla denominazione, ogni cosa che abbia a che fare con le parole “Stato” e “statale”. Personalmente penso che anche questo sia un aspetto di quel conformistico disprezzo per la politica che oggi va per la maggiore, ma tant’è: se ne parlerà un’altra volta.
(Ernesto Galli della Loggia, Corriere della sera, 2 giugno 2009).
Caro Francesco Cundari,
io seguo ormai da diverso tempo con piacere questa tua polemica contro quel vasto mondo che comprende gli editorialisti del Corriere, gli economisti della Voce.info, Scalfari, Segni e compagnia bella, in pratica l’intero schieramento sedicente culturale che ha proposto e poi imposto a partire dagli anni ’90 l’egemonia liberista in economia ed americanista in politica alla sinistra.
Seguo, faccio sì sì con la testa, mi compiaccio.
La trovo una battaglia, almeno di ricostruzione storica, degna di essere combattuta, quelle condotta da te e un piccolo stuolo di persone che, per semplicità, potremmo definire “i dalemiani”.
Però trovo in tutto questo un limite, tipico del resto di ogni cosa abbia un qualche legame con il Foglio: la superficialità, l’attenzione al tratto impressionistico, all’estetica, considerando troppo volgare affondare le unghie nella realtà profonda. In parole povere: vogliamo andare ad analizzare nei fatti cosa è stato giusto e cosa è stato sbagliato, nella sinistra degli ultimi 15 anni?
Perché è inutile che si prendano per il culo (giustamente) Giavazzi e gli altri cantori delle privatizzazioni, se allo stesso tempo non si dice qualcosa sulla privatizzazione di Telecom, Trenitalia, Enel, ecc.
All’epoca ricordo, da parte di Baffino, una certa sufficienza nei confronti del mondo ulivista, una difesa del ruolo del partito, insomma, ricordo una sua resistenza contro l’egemonia americanista in politica, ma mai e poi mai una sua minima opposizione a quella liberista in economia. Chi le ha fatte le privatizzazioni in Italia? Chi è stato a mettere il partito da una parte e il sindacato dall’altra? Chi è che andava alla City a rassicurare i banchieri? Dove aveva sede l’unica merchant bank in cui non si parla inglese?
Ecco, questo ti/vi chiedo. Andate fino in fondo. Se volete davvero proporre un’autocritica alla sinistra degli ultimi 15 anni, fatela sul serio. Uccidete il padre. Poi ne riparliamo…
sulla partecipazione attiva e convinta di D’Alema allo “sfondamento” a sinistra di una concezione liberista/americanista dell’economia (e non solo: perché a quella si accompagna sempre una precisa concezione politica, vedi il ruolo preponderante dello staff, l’enfasi sul leader, ecc.) sono d’accordo; sulla difesa del ruolo del partito, dico: magari! (vedi parentesi precedente); su Telecom non sono d’accordo (ma sarebbe lunga); sulla necessità di rivedere criticamente (distinguendo) la stagione delle privatizzazioni sono d’accordissimo; sullo scontro con il sindacato sono d’accordo a metà (su questo, direi: né con D’Alema né con Cofferati); sull’andare a rassicurare i banchieri non ti seguo proprio (vorrei vedere che un politico andasse a terrorizzarli e a pregarli di strangolarci); sulla “merchant bank” (cioè telecom) non sono d’accordo (come su telecom, appunto).
Quanto alla retorica dell’uccidere i padri ti dico sinceramente che mi dà l’orticaria (e inviterei a diffidare di chi ne fa uso). Comunque sia, per quanto mi riguarda, io ho avuto una tessera dei Ds (e prima del Pds) per quindici anni, mi sono battuto (nel mio piccolissimo) per fare il Pd, ma dal giorno in cui D’Alema e compagnia hanno deciso di incoronare Veltroni in quel modo, e far nascere il Pd con quelle primarie, quell’impostazione ecc. ecc., ne sono serenamente uscito – o non ci sono entrato, fai tu, comunque non ho votato alle primarie e non ho preso nessuna tessera, nemmeno quando si sono degnati di stamparle. Quindi, anche volendo, non ho proprio nessun padre da uccidere, anche perché da allora non mi risulta che nessuno mi abbia adottato (spero di essere andato abbastanza in fondo)
No, vedi. In 15 anni di Pds-Ds quella svolta è stata cercata, auspicata e votata da mille documenti congressuali. Le privatizzazioni sono state fatte, le leggi elettorali pure, e tutti stavano lì ad applaudire, a battersi, come dici tu, per la nascita di un Pd che era esplicitamente il coronamento di quella stagione, Veltroni o no.
Allora o si ha il coraggio di dire che in quei 15 anni si è sbagliato più o meno tutto, e che quei pazzi a sinistra che lo dicevano non erano vecchi rottami, ma persone che ne stavano capendo qualcosa più di voi, o non si tratta di autocritica, ma di posizionamento in vista di qualche congresso futuro…
da quel che capisco, l’ipotesi che si tratti semplicemente del fatto che non siamo d’accordo su cosa di questi quindici anni sia “da buttare” (e cosa no) non è contemplata. O dico che hai ragione tu su tutto, e che era “tutto sbagliato”, rendendo una piena e convincente autocritica, oppure sto solo facendo del “posizionamento”. Poi non ho neanche capito bene quale “autocritica” dovrei fare io, che ero contrario persino al governo D’Alema. Di aver sostenuto il Pd? Sinceramente, che fosse più sensato costruire il Pd piuttosto che dar vita a una forza laica-socialista-radicale (ecc. ecc.) come la rosa nel pugno, o a un cartello di sinistra arcobaleno, rispettivamente 2 e 3 per cento alle elezioni, ormai mi pareva un dato acquisito. E le posizioni di quelli che secondo te l’avevano capita erano queste (e con questo ovviamente non sto dicendo che non avessero capito niente, come non penso che quegli altri le abbiano azzeccate tutte, ma si farebbe davvero troppo lunga).
Ma no, evidentemente ho esagerato col tono polemico dell’ultimo commento.
Quello che volevo dire a te (ma a te come avrei potuto dirle a Knut Wicksell, a uno dei blogger di ItalianiEuropei, insomma, a un certo mondo postdalemiano che critica la deriva liberista e americanoide del Pd) è che, ai tempi di Ds, tutte queste voci contrarie alle privatizzazioni e al partito leggero, tutta questa voglia di sinistra e di sindacato, non la vedevo. Certamente non la vedevo nella maggioranza dalemiana.
Il mio voleva essere solo uno spunto di riflessione: non è che l’errore (del Pd) sta nel manico? Non è che abbiamo (avete) sbagliato non nel 2007 ma un po’ prima?
Penso che discutere di questo possa essere utile a tutti. Così magari riusciamo a evitare di utilizzare come unico (non uno dei tanti, l’unico) metro di giudizio su diversi progetti politici (nessuno dei quali riconosco come mio, tra l’altro) il loro esito numerico in un’elezione già persa, in partenza, da tutti…