Eterogenesi dei Fini
A Otto e mezzo Italo Bocchino dice che nessuno sa quanti siano gli iscritti al Pdl, perché la verità è che sono pochissimi. Perché “se il partito si identifica con la leadership, se si teorizza che ci sono solo il popolo e il leader, allora non ci sono né iscritti né correnti, perché non c’è il partito”. E replicando a Sandro Bondi, ribadisce: “Tu neghi persino il tesseramento, che in un partito è la base della democrazia”.
Sarà che gli antibiotici che sto prendendo in questi giorni mi lasciano piuttosto intontito, sarà che ognuno di noi tende naturalmente a vedere in qualsiasi cosa accada di nuovo la conferma di quello che ha sempre pensato, ma nella giornata di oggi, a partire dalla direzione del Pdl, mi sembra di rivedere l’intero dibattito sul Partito democratico e sul modello americano (il partito leggero, senza tessere, senza correnti, incentrato sul leader) che ci ha lungamente tormentati. Specialmente quando ho sentito Fini parlare di “centralismo carismatico”.
Giusto oggi, sul Foglio, il senatore del Partito democratico Giorgio Tonini (coautore del famoso discorso del Lingotto) scrive una lunga pagina dal titolo: “Ci vuole un leader forte, dappertutto” [Catenaccio: “Gli attacchi ai capi partito da parte degli alleati, la debolezza delle leadership (non solo nel Pd) e una riforma da fare in fretta. Ecco perché è necessario dare più poteri al presidente del Consiglio e al capo dell’opposizione”].