Circoli viziosissimi
A luglio il senatore del Pd Stefano Ceccanti fu attaccato dal Fatto e dall’Italia dei valori per un suo emendamento al lodo Alfano che puntava a modificarne la parte che riguardava il Quirinale. Molti autorevoli esponenti del Pd andarono subito in ansia e dichiararono in ogni modo il loro stupore, il loro sdegno e la loro assoluta estraneità a quell’iniziativa. Lo stesso Giorgio Napolitano fece filtrare ai giornali la sua vivissima irritazione. E così Ceccanti dovette ritirare il suo testo. Io ne parlai qui, difendendolo. A cosa serviva dunque questo famoso emendamento, che cosa esattamente doveva emendare e perché creava tanti imbarazzi? L’emendamento serviva a scongiurare un’insidiosa minaccia all’indipendenza del capo dello stato contenuta nell’ultima versione del “lodo costituzionale”: proprio la stessa minaccia che segnala oggi Napolitano, quando denuncia la “palese irragionevolezza” della legge “nella parte in cui consente al Parlamento in seduta comune di far valere asserite responsabilità penali del Presidente della Repubblica a maggioranza semplice anche per atti diversi dalle fattispecie previste dal citato articolo 90”. Il riferimento del capo dello stato è estremamente preciso: il punto è proprio quello. Ceccanti se n’era accorto subito e aveva proposto un emendamento, ma dinanzi alle accuse di intelligenza con il nemico e scambi sottobanco tra Quirinale e Palazzo Chigi, con il condimento delle consuete manovre dalemiane a insaporire il tutto, gli stessi dirigenti del Pd che ora si spellano le mani per l’intervento di Napolitano – glissando sul suo contenuto o spacciandolo per una generica critica al lodo Alfano – furono allora anche più rapidi nel gridare allo scandalo, con parole tutt’altro che lusinghiere nei confronti del loro collega.
Cundari, detto il “riparatore di torti” :D
Parlerò fuori dai denti: se ti servono un piatto di merda, metterci molto parmigiano non è comunque d’aiuto.
Pardon, è l’unica immagine che mi è venuta.