Dove eravamo rimasti (non è una domanda)
Leggo qui e là i commenti compiaciuti di varie persone che conosco e che stimo, dentro e intorno al Partito democratico, per l’intervento del giovane Cosimo Palazzo all’assemblea dei circoli. Quello che secondo i telegiornali è stato “il più applaudito” e che pertanto è già stato ribattezzato “il nuovo Serracchiani”. Capisco il compiacimento dei miei amici, considerando che per una volta il giovane in questione difendeva i partiti, contestava i cantori della “società civile” e la personalizzazione della politica, e cose così. Cose, queste, che io stesso condivido pienamente. Eppure non mi ha convinto. Anzi, qui mi ha convinto anche meno di quando ha cominciato a parlare di cose che non condivido per niente. Innanzi tutto perché quelle affermazioni le faceva all’assemblea dei circoli, ed esiste anche una specifica forma di “demagogia di partito” che può essere non meno insidiosa della demagogia antipolitica che va di moda altrove, e forse anche nel Pd, perché speculare e niente affatto incompatibile con quella. Lo dimostra, a mio parere, il passaggio sulla base-che-vuole-l’unità e contro “le interviste fatte solo per distinguersi”, cioè per dissentire dal segretario (traduzione mia). Un tipico esempio di “demagogia di partito”, peraltro in assoluta e irriducibile contraddizione con tutto il discorso precedente, a proposito dei partiti personali contrapposti all’orgoglio del Pd come partito realmente democratico. Gli applausi sono scrosciati quando Palazzo esaltava l’alterità del Pd rispetto al modello monocratico del partito personale e sono scrosciati ugualmente quando invitava i dirigenti a non rilasciare interviste “per distinguersi”. Non mi è sembrato un buon segno. Io, personalmente, rifiutavo la retorica dei giovani che inveivano contro le interviste fatte per dissentire dal segretario quando segretario era Veltroni o Franceschini – e a raccogliere simili applausi, in una circostanza analoga e con identici argomenti, era Debora Serracchiani – e adesso, sinceramente, pure.
Ho appena visto l’intervento e concordo in pieno con te, vedo una contraddizione tra la critica ai partiti personali e quella alle interviste “per distinguersi” dalla linea del partito.
Aggiungo un’impressione: se è pericoloso un partito del Presidente (leggi del satrapo, del genio, del migliore), non meno pericolosa è l’idea del Partito-Dio, del Partito che ha sempre ragione.
Nel primo caso si giustifica la personalizzazione con il carisma, la popolarità e il consenso; nel secondo con le procedure democratiche interne. Vedo fantasmi di adorazioni pagane che hanno fatto qualche danno il secolo scorso.
Non so. Diciamo che quello che fa un po’ ridere è la forma. Uno si piazza in favore di telecamera e microfono e “le dice chiare”. Il problema è che mi sembra tutto trasformato in una grande grosso bar. Se il dibattito politico si trasforma in una blogosfera gigante (lo dico innanzitutto per me, sia chiaro, ma in fondo io c’ho un blog mica faccio l’iscritto ad un partito) credo che di democrazia possiamo pure farne a meno. Perchè questa idea della democrazia diretta, del cantarle sempre e comunque, è una baggianata.
“…a volte sopperisce a gravi mancanze e lacune del partito stesso… senza personalismi di sorta, senza arrivismi…”
http://www.youdem.tv/witv/Default.aspx?id_video=a24a1e78-ded5-46b0-8056-7af7794a0800&isDotTV
sono d’accordo con tutti e tre. più o meno, con qualche distinguo, ma nella sostanza siamo d’accordo (e soprattutto con massimo)
è perché non lo conoscete :-)
Può anche darsi ma visto che l’ottimo e’ nemico del bene, teniamoci buoni i vari Palazzi. Certo, i fischi all’indirizzo dell’assemblea fiorentina sono stati un autentico autogol, un atteggiamento più isterico che di orgoglio. ” e’ la dose che fa il veleno”
non essendo mai riuscita a spiegarti come abbia senso valutare un editorialista, dispero di farti capire da quali particolari si giudichi un comiziante (indizio: gli applausi non scattano per condivisione dei contenuti, o almeno non prioritariamente)