La foto di Osama e il potere di Obama
06/05/2011

La scelta è vista dai complottisti come prova che il presidente ha qualcosa da nascondere, e da molti commentatori come un errore di comunicazione. Nel frattempo, le altre foto del blitz pubblicate finora, senza bin Laden, sono già mostrate in rete come prova di ogni possibile sospetto. Del resto, la trasparenza, ammesso che sia sempre desiderabile, non va necessariamente di pari passo con lo sviluppo tecnologico. Quella tecnologia che permette oggi a milioni di persone di chiedere al presidente degli Stati Uniti di esibire le prove di quanto ha affermato, infatti, è la stessa che permetterebbe a lui di manipolarle in mille modi, se volesse. In altri termini, avendo reso tutto tecnicamente possibile, lo sviluppo tecnologico ha reso praticamente impossibile dimostrare alcunché. E più difficile essere creduti: se so che è possibile registrare la voce di un uomo, scomporla e ricomporla per fargli dire cose che non ha mai detto, e fare altrettanto con le immagini, quale prova basterà mai a convincermi?
In realtà, almeno in occidente, il potere non è mai stato tanto trasparente: tv, edicole e librerie – per non parlare di Internet – traboccano di inchieste e controinchieste di ogni genere. Eppure, oggi più che mai è diffusa tra i cittadini la convinzione di essere tenuti all’oscuro di tutto, da un potere corrotto e spietato, al quale non si riconosce il diritto di tenere nascosto nulla. La popolarità di Julian Assange, fondatore di WikiLeaks, basta da sola a dimostrarlo.
Eppure, dicono i complottisti, senza il corpo, senza foto, una prova inconfutabile che bin Laden sia morto non c’è. D’altronde, come spiegava Gianni Vattimo ai suoi studenti, quali prove scientifiche abbiamo del fatto che i vampiri non esistono? Se non credo al presidente degli Stati Uniti quando annuncia in diretta mondiale la morte di bin Laden, perché dovrei credergli quando annuncia di avere la prova del Dna? Ogni spiegazione ne chiama in causa un’altra. Restando ai filosofi, lo diceva già Ludwig Wittgenstein: per applicare una regola, bisogna prima sapere la regola secondo cui applicarla; per servirsi di un dizionario – o chiedere semplicemente: “Come si dice?” – bisogna saperla già, una lingua. Tutti però abbiamo imparato a parlare, a un certo punto. E lo abbiamo fatto naturalmente – anzi: praticamente – cioè vivendo con gli altri. Ma se perdiamo ogni fiducia nella nostra comunità, e nella sua forma di vita, allora non ci sarà mai spiegazione che tenga. Né prova che basti: del fatto che quello sia bin Laden, per esempio, ma anche del fatto che fosse necessario ucciderlo, invece di ammanettarlo, portarlo al più vicino commissariato pachistano e fissare una cauzione per il suo rilascio.
Quello della foto, per Obama, non è dunque un problema tecnico, risolvibile con una diavoleria informatica, ma di fiducia. Cioè di legittimazione del potere politico. Ed è un problema serio, al giorno d’oggi, persino per un paese giovane e forte come l’America. Figurarsi per l’Italia. (il Messaggero, 6 maggio 2011)
3 commenti
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Bravo,
forse l’unico articolo ragionato e non pregiudiziale che ho letto sul tema.
http://vongolemerluzzi.wordpress.com/2011/05/06/gran-finale/
C’è del ragionevole nell’articolo, ma secondo me Obama non ha nessun problema di legittimazione. Per noi la faccenda è un po’ più miserevole, sono d’accordo.