Come ai vecchi tempi
I risultati delle amministrative scuotono la politica nazionale, mentre gli spari contro il dirigente dell’Ansaldo evocano una nuova stagione di terrorismo: la sovrapposizione delle notizie, e dei relativi commenti, non lascia tranquilli. Nel disorientamento generale, si avverte tutta la fragilità di quello che una volta si sarebbe chiamato il tessuto democratico, e che è ormai talmente sfibrato che assieme al concetto è caduta in disuso pure l’espressione. Si dice che oggi non ci siano più il clima, le ideologie, il contesto internazionale degli anni Settanta. Vero, da allora il fiume della violenza politica ha perso gran parte dei suoi affluenti. E’ anche vero, però, che da allora sono calati parecchio anche gli argini, a cominciare dai grandi partiti. Auguriamoci che il futuro non ci riservi di affrontare le tragedie del passato con i comici del presente. Certo la cura all’osteoporosi politica e istituzionale di questi vent’anni, che ha reso il sistema talmente fragile da rischiare di finire letteralmente seppellito da una risata, difficilmente potrà essere in un irrigidimento della dieta seguita fin qui: partiti leggerissimi, istituzioni anemiche, assemblee elettive appiattite; e tutto il potere al leader scelto dal popolo, proprietario del suo partito, padrone del suo governo e della sua maggioranza. A pensarci bene, dopo una così lunga semina da parte di politici, scienziati della politica e professori di politologia, prendersela con l’antipolitica dei comici è persino ingeneroso. Semmai, il rischio è che l’antipolitica torni dov’era cominciata vent’anni fa: a sinistra. Quando il Pds puntò sulla tabula rasa del sistema, spianando la strada a Berlusconi. Vent’anni dopo, l’eclissi del Cavaliere sembra indurre nuovamente in tentazione una parte dello stesso Pd. E già si profilano all’orizzonte gioiose armate brancaleone, con i soliti professor stranamore a escogitare leggi che garantiscano una solida maggioranza anche nel caso in cui la coalizione più forte non superi il 2 per cento (l’idea che per ottenere una maggioranza schiacciante in Parlamento bisognerebbe avere la maggioranza dei voti degli italiani è considerata ormai una stravaganza). Personalmente, penso che il Pd dovrebbe fare semplicemente quello che aveva detto: alleanza della Costituzione, un progetto di ricostruzione fondato sui principi della nostra carta fondamentale, e chi ci sta ci sta. Da Vendola a Casini. Non vedo altra via per evitare un altro ventennio all’insegna di un berlusconismo senza Berlusconi, che a me pare tanto indesiderabile quanto una rivoluzione senza rivoluzionari. (il Foglio, 11 maggio 2012)
Per prima cosa, bentornato. E poi ti chiederei perche’ tralasci due dettagli:
– proprio tu che richiami l’importanza di conquistare il consenso fra gli elettori e non facendosi le regole a piacimento, ti perdi per strada il fatto che buona parte degli elettori del PD vede come il fumo negli occhi una qualsiasi alleanza, costituzionale o meno, con l’UdC. Poi Bersani puo’ anche convincerli i suoi elettori, ma sono un paio d’anni che ci prova, e finora non gli e’ andata molto meno
– anche fosse, che cosa produrrebbe quest’alleanza della Costituzione? C’e’ un tema che sia uno su cui esistano soluzioni convergenti da Vendola a Casni? Senza stare a ricordare che dentro l’UdC c’e’ anche Gabriella Carlucci. Ora, tu pensi di ricostruire la Repubblica Italiana insieme a Gabriella Carlucci?
Non sarebbe invece il caso che la politica tornasse a fare la politica, e i partiti tornassero a fare i partiti? Ovvero a pensare di avere ideali e idee migliori dei propri avversari, e cercare di conquistare consenso per metterle in pratica?