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L’integrazione degli altri

23/04/2015

Il macabro dibattito sull’ultimo naufragio nel Mediterraneo mi ha fatto tornare in mente questa scena, presa da un film di Coline Serreau del 1992: “La crisi!”. Ci penso spesso quando si parla di immigrazione. E alla fine mi sono fatto l’idea che la morale sia che non è possibile predicare l’integrazione agli altri – a quelli che abitano a Saint Denis, come Michou, o magari a Tor Sapienza – restandosene comodamente barricati nei propri salotti, quartieri e città, da cui coloro ai quali predichiamo integrazione sono esclusi tanto quanto i migranti con cui vorremmo farli integrare. Penso insomma che per predicare l’integrazione degli stranieri sia indispensabile praticare l’integrazione dei connazionali. Di sicuro, dopo aver creato periferie-ghetto per tenere gli ultimi della società lontano dal centro, poi non le puoi riempire degli ultimi del mondo e aspettarti che tutti si comportino da bravi fratellini. Eppure un problema di integrazione tra italiani si è già presentato, in quel tempo lontano in cui “Rocco e i suoi fratelli” non era un classico della storia del cinema ma un film di stringente attualità. Il tempo in cui a Milano gli immigrati ai quali non si volevano affittare le camere erano i meridionali. E quali furono allora i grandi fattori di integrazione? Le grandi fabbriche, certo, ma anche e forse soprattutto parrocchie, sezioni di partito, sindacati. Dunque, se il problema di oggi certo non si risolve piazzando qualche centro per i rifugiati in più nel centro storico, forse sarebbe già un passo avanti se si aprisse qualche sezione in più nelle periferie. Il problema, mi direte, è che le sezioni non basta aprirle, se poi restano vuote. Io però mi domando se sia per questo che i partiti contano sempre meno, o se non sia vero piuttosto il contrario, e cioè che non essendo più i partiti il luogo in cui si prende nessuna delle decisioni che contano davvero, a nessun livello, la gente, non avendo tempo da perdere, smette di metterci piede. Probabilmente sono vere un po’ entrambe le cose. Dunque è di entrambe le cose che dovremmo occuparci. Altrimenti, se per tante persone l’unico luogo di discussione a disposizione rimane una pagina Facebook, poi non possiamo neanche stupirci troppo se ci troviamo scritte le atrocità che abbiamo letto in questi giorni sui migranti morti nel Mediterraneo. In ogni caso, io credo che il dibattito sull’applicazione dell’articolo 49 e le regole interne ai partiti, e persino quello sulle riforme istituzionali, almeno a sinistra, dovrebbe partire proprio da qui.

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