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Recensire Proust dal metrò di New York

18/11/2015

unitaGli attentati di Parigi hanno dato a tutti i cittadini europei la sensazione che la guerra li abbia improvvisamente raggiunti, che il nemico abbia occupato le strade, il ristorante, il teatro o il cinema sotto casa. È la sensazione che i newyorchesi, e probabilmente tutti gli americani, devono aver provato dopo l’11 settembre del 2001. Dunque, forse, proprio questo è il momento più giusto per raccontare una storia di vita newyorchese che a prima vista non c’entra nulla con tutto quello che abbiamo appena detto: la storia di un sito internet e di una giovane fotografa, tedesca, residente in America da quattordici anni e a New York dal 2013. Poco dopo essersi trasferita, Uli Beutter Cohen ha messo online la più singolare rassegna letteraria che ci sia mai capitato di incontrare, la Subway Book Review (http://www.subwaybookreview.com). Vale a dire, come recita il sottotitolo, «recensioni di libri con sonosciuti in metropolitana». A ispirare l’idea è stato un altro blog fotografico, Humans of New York, che raccoglie immagini di vita quotidiana newyorchese, con brevi didascalie dei soggetti fotografati. In una delle più recenti, ad esempio, si vede un giovane uomo in giacca e cravatta seduto a un tavolino all’aperto, che guarda in camera con aria vagamente perplessa. La didascalia recita: «Avremo un bambino a gennaio e così la pancia di mia moglie sta diventando piuttosto grossa. È un cambiamento decisamente visibile. La maggior parte degli altri cambiamenti che abbiamo pianificato finora esistevano solo nelle nostre teste. Quando decidemmo di sposarci l’anno scorso, potevamo pensare al matrimonio che desideravamo, ma non potevamo vederlo sul serio. Questo è diverso. C’è un grosso cambiamento in arrivo. E possiamo vederlo».
La differenza fondamentale tra Humans of New York e Subway Book Review è che qui, in più, ci sono i libri. E c’è la metro, ovviamente. L’effetto è spesso straniante. Per esempio, una delle nostre preferite è la recensione che compare sotto la foto di un ragazzino, Elliot, che avrà nove o dieci anni al massimo: «Shark Wars (le guerre degli squali, ndr) by EJ Altbacker. Elliot: “L’ho preso dalla libreria di casa. Non so perché, in realtà non mi piacciono gli squali. A chi potrebbe piacere? A chi ama gli squali”». Fine della recensione.
Delusi? Aspettate un momento, perché in Subway Book Review si trovano anche letture più impegnative, assai più di quello che ci aspetteremmo di incontrare nella metropolitana di New York. E questa forse è una delle scoperte più sorprendenti (forse anche per chi non sia rimasto come noi all’immagine della metro di New York che emergeva dai film di Charles Bronson). «Questo è il secondo di sette volumi e parte dell’opera maggiore Alla ricerca del tempo perduto», dice ad esempio Stina, recensendo All’ombra delle fanciulle in fiore di Marcel Proust, dopo avere giustamente spiegato, con rara e molto americana capacità di sintesi, che il primo volume tratta «l’esperienza e la vita di un’anonima voce narrante e il suo interesse per un uomo di nome Swann».
Come semplice blog fotografico, Subway Book Review è nato nel 2013. Per essere precisi, è nato quando Uli Beutter Cohen ha deciso di affrontare qualcosa che le faceva davvero paura: la metropolitana di New York. Ma quando finalmente si costrinse a prenderla, ecco che «accadde qualcosa di magico», come ha raccontato al Guardian, ricordando l’immagine del treno che emergeva da un tunnel «come un bruco». Di lì a poco ha cominciato a importunare perfetti sconosciuti intenti a leggere nei treni, chiedendo loro di farsi fotografare e di spiegare brevemente perché stavano leggendo proprio quel libro. Il risultato, come è evidente a chiunque scorra anche solo per pochi minuti il sito, sono racconti assai più personali di quello che ci aspetteremmo da una normale recensione. A volte buffi, a volte un po’ retorici, a volte toccanti. Come la recensione di Alison (Broken Open di Elizabeth Lesser): «È un libro stimolante e molto commovente. Può essere duro da leggere a volte perché è un racconto molto onesto dell’esperienza del dolore (…). Mia madre vive con una malattia cronica e non è facile per le persone relazionarsi e capire. La scrittrice ha capito cosa si prova a non essere in grado di superare un certo tipo di sofferenza, e ciò nonostante a non essere una persona infelice».
Difficile dire se colpisca di più, accanto a questi piccoli frammenti di vita, la sfilata dei libri o quella dei volti: giovani e meno giovani, donne e uomini, ovviamente di ogni provenienza, origine e cultura, come è naturale che sia in una metropoli multirazziale come New York. Queste storie, scrive Uli Beutter Cohen, ci fanno capire che «siamo molto meno soli e molto più legati gli uni agli altri di quello che pensiamo. Persino in una delle più grandi città del mondo».
A dicembre Subway Book Review è diventato anche una pagina Instagram, dove si è fatto notare dalla stampa internazionale, avendo raggiunto in poco tempo quasi 50mila follower (oltre a essere, ovviamente, su Twitter e Facebook). Le recensioni aumentano di giorno in giorno. Noi ne abbiamo sfogliate – si fa per dire – una quantità indescrivibile, sperando di trovare qualcuno intento a leggere Altre Inquisizioni. Probabilmente non abbiamo cercato abbastanza, o forse non c’era, ma di sicuro ci sarebbe stato benissimo quel libro di Jorge Luis Borges, il cui primo capitolo si conclude con queste parole: «La musica, i momenti di felicità, la mitologia, i volti segnati dal tempo, certi crepuscoli e certi posti, ci vogliono dire qualcosa, o qualcosa ci dissero che non avremmo dovuto perdere, o stanno per dirci qualcosa; questa imminenza di una rivelazione, che non si produce, è, forse, il fatto estetico». E forse, chissà, persino qualcosa di più.
Poco prima di scrivere questo articolo abbiamo mandato un’email alla creatrice del sito, per chiederle cosa avesse imparato da questa esperienza. Ci ha risposto che ha imparato soprattutto che «le persone sono molto più simili di quanto siano differenti e che una conversazione con un estraneo, anche breve, può cambiare la tua prospettiva sulla vita». E poi ha aggiunto: «E che non permetterò alla paura di regolare la mia vita». Due lezioni che in questi giorni ci sembrano più attuali che mai, a New York come a Parigi, come in qualsiasi città del mondo.

(l’Unità, 17 novembre 2015)

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