Specchio riflesso
Il magistrato nominato capo di gabinetto da Virginia Raggi e da lei revocato su facebook alle quattro del mattino, Carla Raineri, dichiara: «Credevo di essere stata chiamata per garantire la legalità, ma la verità è tutt’altra». Dopodiché rifiuta di spiegare quale sia questa verità e dice che lo farà solo tra un paio di giorni, perché prima deve «riordinare le idee». Nel frattempo, però, si sono dimessi anche l’assessore al Bilancio con delega alle società partecipate, nonché i vertici delle due principali società partecipate (Ama e Atac). Di fronte a tutto questo, Luigi Di Maio spiega che si tratta di un attacco delle lobby ostili al Movimento, mentre Marco Travaglio, sul Fatto, intima agli esponenti cinquestelle di chiudersi «in conclave con Beppe Grillo» e non parlare con nessuno: «Si cuciano la bocca». Il titolo dell’articolo è ancora più chiaro: «Tutti zitti o tutti a casa». Molto chiaro, ma non tanto trasparente.
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Avete presente la pubblicità di Politics, il nuovo talk show di Raitre, con il politico portato via a braccia perché dà risposte elusive alle domande dell’implacabile conduttore? Ecco, vorrei dire sin d’ora che il mio voto lo avrà solo l’ospite che alla prima domanda, fosse anche «come va?», risponderà secco: «Mi lasci fare una premessa». Per quale ragione non dovrebbe essere lecito – e a volte persino necessario – fare una premessa, rispondere con un ragionamento più ampio, rifiutare i termini in cui l’intervistatore imposta la questione? Siamo proprio certi che sia sempre il politico a cercare di svicolare con le sue risposte evasive, e mai la domanda a essere capziosa, fuorviante, stupida? Il giornalista ha il diritto di fare tutte le domande che crede, ma l’intervistato avrà pure il diritto di rispondere come ritiene. Sul valore della risposta (e della domanda) giudicherà il pubblico. O no?
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Leggo su Repubblica che per il «padre dei neuroni specchio», Giacomo Rizzolatti, la scienza non è un semplice «deposito di conoscenze specialistiche», bensì «un bene per tutti, un arricchimento culturale», come «i Sonetti di Shakespeare, la Commedia di Dante o i quadri del Louvre». È cioè «una risorsa capace di migliorare le nostre capacità di ragionare, provare emozioni e non sottometterci a superstizioni antiche o moderne, vedi la follia della moda del “biologico” o la paura degli Ogm». Sono d’accordo. Aggiungerei solo che quella consapevolezza critica capace di migliorare la nostra capacità di ragionare e che ci permette di distinguere la scienza dalla superstizione, secondo me, non sta nella scienza e non è la scienza che ce la può dare. La storia della politica mondiale, e anche la recente cronaca, purtroppo, è ricca di esempi che lo dimostrano. Dio salvi la democrazia dal superstizioso fanatismo dei nerd.